Il Grande Giorno: recensione del film con Aldo, Giovanni e Giacomo

16 dicembre 2022
3.5 di 5
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Aldo, Giovanni e Giacomo continuano la fortunata nuova collaborazione con Massimo Venier, che li ha diretti in Odio l'Estate. Il nuovo film di cui sono protagonisti si intitola Il Grande Giorno e parla di un matrimonio e di genitori e figli. Ecco la nostra recensione del film.

Il Grande Giorno: recensione del film con Aldo, Giovanni e Giacomo

Nella scena forse più bella de Il Grande Giorno, Aldo irrompe nella vita familiare di Giovanni e Giacomo, che stanno per diventare l’uno il cognato dell'altro, e, seduto al pianoforte, intona "Maledetta primavera" di Loretta Goggi, rendendo l'atmosfera generale romantica e colorata di un'azzurra/celeste nostalgia.

Ora, chi conosce il testo del brano arrivato secondo al Festival di Sanremo del 1981 sa che la canzone, con quel suo verso "Che fretta c'era, fa male solo a me", parla di un amore non corrisposto. E se 1+1 fa 2, allora risulta chiaro che nelle coppie del film di Massimo Venier c'è sempre uno sbilanciamento, una diversa intensità di sentimento, in altre parole uno che ama di più e uno che ama di meno o non ama più. Ma prima che arrivino il disincanto e la fine delle illusioni, e soprattutto prima che il segreto dei segreti venga svelato, il nuovo film del trio lombardo somiglia intenzionalmente alle più indiavolate wedding comedy anglosassoni, con tanto di fuochi d'artificio, villa con piscina, vino di inestimabile valore e il solito gaffeur che rischia di far finire in malora lo sposalizio. In questo caso il gaffeur è sempre Aldo, che strizza l'occhio al Peter Sellers di Hollywood Party, quando schiaccia un pulsante che non andava schiacciato, e che rappresenta la solarità e la spontaneità del terun di bassa estrazione sociale in antitesi al perbenismo, al conservatorismo e all'accidia della media borghesia brianzola, "imbruttita" come il milanese di Germano Lanzoni.

Ha dunque un ritmo allegro (ma mai forsennato), la prima mezz'ora o forse più de Il Grande Giorno, nella quale chi ha innalzato davanti a sé un muro di ipocrisia si ritrova in mutande in mezzo alla strada, mentre chi crede di essere anestetizzato si accorge di non aver dimenticato mai un amore. Quest'ultimo inconveniente capita a Giovanni, che, anche per non fare brutta figura con i colleghi, non bada a spese per la giornata più memorabile della vita di sua figlia ed è autenticamente felice di imparentarsi con l'amico d'infanzia nonché socio. E Giacomo? Giacomo vive di paura e di "goccine" per calmare l'ansia, e ha l'espressione di chi sta percorrendo, con il capo chino, la strada più battuta e percorribile: quella dello stipendio a fine mese e di un matrimonio in stile Casa Vianello che però non fa ridere.

Ovviamente, nel momento in cui sopraggiungono la malinconia e la certezza che i sogni giovanili sono rimasti nel cassetto, Venier non dimentica di punteggiare il racconto di attimi di pura ilarità, affidata ora a battute spiritose e ora a situazioni farsesche o anche a personaggi secondari: un prete di campagna, un cardinale celiaco, una suocera con il mal di schiena. Poi c’è la tenerezza di tre uomini che in fondo non sono mai cresciuti, e due di loro non hanno imparato né ad ascoltare né a mettersi in discussione, mentre il terzo ha qualche problema di autostima. 

Se i protagonisti de Il Grande Giorno a un certo punto evolvono, non è soltanto per merito del deus ex machina Aldo. La fluidità dei sentimenti e delle emozioni è molto legata anche alla scelta dell'unità di luogo e alla marcia in più delle donne del film, che sono una seconda moglie che sembra mite e remissiva ma ha grande coraggio, un'altra moglie che non ha paura del cambiamento e un'ex moglie soprannominata "la barbie vintage" che ha scelto la libertà e che ha gli occhi vivaci e la bellezza luminosa di Lucia Mascino. La quale Lucia Mascino era già fra gli interpreti di Odio l'estate, che potremmo considerare il film non gemello ma fratello de Il Grande Giorno, dal momento che nel primo era ancora possibile venirsi incontro e riassaporare insieme le gioie dell'esistenza, mentre ora, almeno in alcuni casi, non resta che dichiarare l'ora del decesso e appendere un cartellino all’alluce del caro estinto.

I film di Aldo, Giovanni e Giacomo sono cresciuti e diventati adulti con Aldo, Giovanni e Giacomo, che però non sono immobili come le statue in legno che Giovanni e Giacomo ricevono in dono nel film. Nonostante il tempo che passa, Mr. Baglio, Mr. Storti e Mr. Porretta hanno l'argento vivo addosso e un entusiasmo che fa invidia. Possiamo chiamarlo bambino interiore, incanto o superpotere, ma i tre attori stanno ancora magnificamente insieme, e insieme sprigionano una formidabile energia, perché ognuno ha mantenuto un angolino tutto suo, in cui ha messo il teatro, qualche film "da solo" o la preoccupazione per le sorti dell'ambiente. E poi Al, John & Jack hanno famiglie proprio come i loro personaggi, e quindi conoscono le dinamiche tra genitori e figli e sanno quanto può essere sbagliato idealizzare o caricare di aspettative le "piume delle loro piume" (per dirla con Paperino).

Se è amaro e a tratti malinconico, Il Grande Giorno non è triste, né pessimista o disfattista, perché insegna che l'uomo può rivoluzionare il proprio pensiero e modus vivendi anche a 60 anni, smettendo di farsi accudire da mogli-infermiere, di tenersi tutto dentro, di non accettare le proprie fragilità e imperfezioni, e di pensare solamente a "fatturare". Con un film che si regge su una solida sceneggiatura, un'ottima direzione di attori e un cast ben amalgamato, in questo Natale Aldo, Giovanni e Giacomo ci insegnano che non bisogna mai rinunciare ai desideri, che il dolore fa parte della vita e che siamo sempre in tempo per essere felici. Ci aspettano, insomma, insieme a un po’ di fortuna un'infinità di primavere. Tocca a noi renderle benedette.



  • Giornalista specializzata in interviste
  • Appassionata di cinema italiano e commedie sentimentali
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