I sogni segreti di Walter Mitty - la recensione del film di Ben Stiller

17 dicembre 2013
3.5 di 5
7

Disconnettersi dal mondo virtuale per essere connessi con quello reale. Il film di Ben Stiller è un invito a riscoprire la bellezza che ci dimentichiamo essere intorno a noi.

I sogni segreti di Walter Mitty - la recensione del film di Ben Stiller

A volte il cinema regala film che fanno bene allo spirito e I sogni segreti di Walter Mitty è uno di questi. Progressivamente perde ogni capo di quell’abito commerciale con il quale si presenta per ricordarci quanta poesia esista al mondo e quanto la frenesia sociale ce la stia oscurando. È iniziata l’era dell’ipnosi artificiale e chissà quanti anni ci vorranno prima di esserne inghiottiti del tutto. La schiavitù da smartphone, tablet e condivisioni sociali online è in espansione come l’universo e Ben Stiller si prodiga nel metterlo bene in evidenza con un personaggio creato da James Thurber nel 1945.

Per metà remake di Sogni proibiti, per metà nuova rilettura del racconto di Thurber, il film di Ben Stiller usa l’alto budget a disposizione per rendere epici anche visivamente i sogni ad occhi aperti del suo personaggio. Walter Mitty si incanta, qualunque cosa stia facendo è interrotta se uno dei suoi viaggi mentali ha inizio: salva un cane da un edificio in fiamme, lotta come un supereroe per le strade di New York contro il suo inetto boss, seduce la donna che ama Cheryl come un avventuriero tra i ghiacci. Lavora come archivista di negativi per la rivista Life e l’unico mezzo di trasporto per esplorare il mondo che abbia mai utilizzato è la sua mente di fronte a quelle fotografie.

La storia de I sogni segreti di Walter Mitty è prevedibile nello sviluppo. Walter supera i propri limiti sociali, vince l’insicurezza e scopre il mondo incaricandosi di inseguire un negativo mancante e il fotografo che l’ha scattato. Anche l’impulso per amore/dovere che lo proietta nel suo primo viaggio reale arriva in modo meno naturale e troppo “previsto dallo script”, ma non sono questi aspetti fondamentali per il messaggio che il film porta con sé. Nel suo mondo virtuale Walter trova la forza per disconnettersi e connettersi con quello reale, in cui le esperienze che vive sono perfino superiori ai suoi sogni. L’invito a fare lo stesso è implicito: abbandonare il virtuale per il reale paga.

La sceneggiatura di Steve Conrad assesta infatti un colpo ai social network. Walter non ne trae beneficio quando tenta un flirt online con Cheryl, ma tra gli invisibili impiegati che ne mantengono l’efficienza guadagna un amico reale. Mentre la battuta più significativa la pronuncia Sean Penn nei panni del fascinoso fotografo che sui monti dell’Afghanistan, dopo ore di appostamento, non immortala il leopardo bianco perché “non sempre voglio vivere un’emozione attraverso l’obiettivo, così a volte non scatto e resto a guardare”. Alla faccia della tanto urgente e indispensabile “condivisione” dei nostri tempi.

 



  • Giornalista cinematografico
  • Copywriter e autore di format TV/Web
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