I due presidenti - la recensione del film su Tony Blair e Bill Clinton
Dopo aver firmato i copioni di The Deal (film per la tv della BBC) e di The Queen, per la terza volta Peter Morgan scrive un film di cui è protagonista uno degli uomini politici più celebri dei nostri anni, quel Tony Blair tante volte preso ad esempio, come modello per una nuova prospettiva progressista o come testimonianza di una sini...
I due presidenti – la recensione
Dopo aver firmato i copioni di The Deal (film per la tv della BBC) e di The Queen, per la terza volta Peter Morgan scrive un film di cui è protagonista uno degli uomini politici più celebri dei nostri anni, quel Tony Blair tante volte preso ad esempio, come modello per una nuova prospettiva progressista o come testimonianza di una sinistra che ha perso la sua anima e la sua vocazione.
Questa volta non si parla del rapporto di Blair con il suo successore Gordon Brown, o di quello con la Regina Elisabetta II, ma di quello tra il Primo Ministro inglese e il Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton. E, sia detto per inciso, proprio questo tema rende ingiustificabile il titolo italiano dato a The Special Relationship, I due presidenti: ingiustificabile perché errato in primo luogo e perché vanifica l’ambiguità di una definizione che, se da un lato riguarda storicamente le relazioni diplomatiche tra Regno Unito e USA, dall’altro parla di un legame che viene descritto come tanto umano quanto politico.
Se è vero che, rispetto a The Queen, I due presidenti abbia strutturalmente necessità di fondarsi su una verosimiglianza storiografica valida, e che quindi elabori meno sfumature e meno mistero da quanto fatto nel film di Frears, lo è altrettanto che proprio questo suo aspetto più concreto diviene un tratto identitario e caratteriale positivo e irrinunciabile.
Più documentario di fantasia che film-verità, quello diretto da Richard Loncraine non ha forse come ambizione primaria quella di tracciare un profilo di due personalità e del loro interfacciarsi, nella dimensione pubblica come in quella privata; ma, pur non sottraendosi completamente a quel compito, mantiene ben saldi i piedi in un territorio che si potrebbe definire diplomatico e ideologico.
Uscito nelle sale italiane, per uno di quei curiosi scherzi del destino, proprio nelle ore e nei giorni in cui le “rivelazioni” di Wikileaks hanno mostrato come il re sia nudo, ovvero di come le parole dell’ufficialità esistano su piani diversi di quelle pronunciate a sipario calato, e di come le grandi decisioni pubbliche siano (anche) figlie dei rapporti e delle pulsioni private (non a caso grande importanza hanno i ruoli delle due rispettive first ladies, apparentemente in seconda linea ma fondamentali ognuna a suo modo, e raccontate con un'attenzione tutta understated) , I due presidenti scoperchia un meccanismo potenzialmente noto e lo mostra con un buon equilibrio tra obiettività giornalistica e partecipazione narrativa, delinea modi e ragioni di personalità ed eventi cruciali per la nostra Storia come per la storia del film.
E in fondo poco importa se il ritratto di Tony Blair (per la terza volta interpretato da Michael Sheen)sia ben più caustico di quello fatto dallo stesso Morgan in The Queen nel suo squilibrio ambizioso e vagamente opportunista tra pragmatismo ed idealismo, o che il Bill Clinton interpretato da un Dennis Quaid truccatissimo e un po’ ridicolo, esca di scena con complessiva dignità nel pubblico come nel privato. Perché, alla fine, nel film di Loncraine contano più i fatti che le opinioni: e paradossalmente per questo, pur fluido e interessante, manchi di una personalità che possa rimanere impressa a lungo.
- Critico e giornalista cinematografico
- Programmatore di festival