Hunger Games: La ballata dell'Usignolo e del Serpente: la recensione di un prequel all'altezza delle aspettative

09 novembre 2023
3.5 di 5
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Arriva al cinema l'ultimo capitolo, un prequel, della saga di Hunger Games. La ballata dell'usignolo e del serpente ha due interpreti carismatici che non deluderanno i fan. La recensione di Daniela Catelli.

Hunger Games: La ballata dell'Usignolo e del Serpente: la recensione di un prequel all'altezza delle aspettative

Undici anni dopo l’uscita del primo film e otto dopo l’ultimo, con cui Francis Lawrence aveva concluso la storia raccontata nei primi tre libri di Suzanne Collins, sta per arrivare nei cinema la trasposizione del prequel: c’era molta attesa e anche un po’ di ovvia trepidazione, da parte dei fan, per l’uscita di questo Hunger Games: La ballata dell’usignolo e del serpente, con cui lo stesso regista riporta sul grande schermo quel mondo ai primordi dei giochi, adattando il romanzo della Collins del 2020, che si concentrava sull’educazione sentimentale del futuro presidente, il crudele Coriolanus Snow, interpretato magnificamente nella trilogia da Donald Sutherland.

Presentato in un’anteprima mondiale con un fan screening a Lucca Comics & Games, in una platea gremita di pubblico che teneva strette in mano delle rose bianche (un gadget), come quella offerta dal giovane Snow all'arrivo, al suo tributo Lucy Gray Baird, il film ha soddisfatto le aspettative, offrendo anche qualche sorpresa. Anche senza Jennifer Lawrence, protagonista assoluta della trilogia cinematografica, la saga continua ad offrire motivi di interesse, grazie anche alla performance dei due carismatici protagonisti: Rachel Zegler ci è sembrata molto più convincente nel ruolo dell’usignolo Lucy Gray Baird rispetto alla sua prova in West Side Story e sulle sue doti canore non si discute, mentre ci ha colpito il carisma di Tom Blyth, capace di bucare lo schermo e perfettamente in grado di ricordarci il suo personaggio da giovane senza farne una sterile imitazione. Non si tratta solo di una (vaga) somiglianza fisica con Sutherland, ma del lavoro che in tutto il film l'attore fa col corpo e con la voce (per chi lo vedrà non doppiato).

Questa è stata probabilmente la scommessa più difficile per Francis Lawrence: se non avesse indovinato i due interpreti principali, la storia, nel romanzo ripetitiva e stiracchiata, avrebbe ben presto perso interesse. Stavolta, inoltre, il regista segue il percorso inverso rispetto agli ultimi due film della serie che ha diretto: se ha adattato l’ultimo libro della trilogia in due pellicole, qua sfronda la storia di tutte le lungaggini e le sottotrame, mirando all’essenziale, concentrandosi soprattutto della relazione tra Snow, l’amico Sejanus e Lucy Gray, accelerando (ma non semplificando) il percorso di trasformazione del giovane e ambizioso studente nel più convinto sostenitore delle iniquità sociali ed economiche del mondo post bellico di Panem e della perpetuazione dei crudeli Giochi. La storia segue in modo interessante l’involuzione di un giovane uomo che ha molte potenzialità ma che, messo di fronte alle lusinghe del potere e del successo e opportunamente guidato dalla sua superiore, la dottoressa Gaul, sviluppa le sue qualità negative, uccidendo quello che ama.

Favorito dalla natura, con un aspetto attraente e un’intelligenza acuta, Coriolanus è un vincente nato: anche se quel che resta della sua nobile famiglia a Capitol City è caduto in disgrazia e si trova letteralmente alla fame, si distingue tra tutti. Gli studenti lo amano e/o lo invidiano, l’ingenuo outsider Sejanus gli si affida credendo nella sua sincerità e non intuendo il suo tormento interiore, l’ideatore dei giochi Casca Highbottom lo teme per i motivi che scopriremo in seguito e la malvagia dottoressa Volumnia Gaul lo tiene d’occhio perché ha capito di avere in lui la materia perfetta da plasmare per perpetuare la sua fede nei Giochi e nell'intrinseca inciviltà degli esseri umani. Quando ai decimi Hunger Games gli tocca la giovane Covey del distretto 12, la coraggiosa Lucy Gray Baird, Coriolanus scopre il coraggio e l'orgoglio della ragazza e la complicità che si crea tra di loro sembra far nascere un grande amore che potrebbe cambiarlo, ma le cose si complicano quando decide di aiutarla nell’arena in modi non consentiti.

Il film è diviso in tre parti, e a metà, come il romanzo, cambia rotta. I Giochi sono solo un frammento del tutto: spietati e ovviamente in una versione più primitiva, non sono il centro del racconto, perché quello che interessa alla creatrice della storia e al regista è appunto l’aprirsi al male del personaggio di Coriolanus, che nella sua esperienza in esilio come pacificatore troverà il suo compimento. Dal punto di vista delle interpretazioni, delle ambientazioni e degli effetti speciali (con forse un poco convincente eccesso di CGI nelle scene coi serpenti multicolori), Hunger Games – La ballata dell’usignolo e del serpente dipinge efficacemente un mondo (iper)realista livido, con poche pause bucoliche, in cui la guerra e l’odio continuano a mietere vittime innocenti (bambini), le divisioni di classe sono estreme e l’empietà sconfigge l’empatia: un mondo molto simile a quello in cui viviamo, che la saga rispecchia fin troppo da vicino.

Il male corrompe, l’odio, come la neve, Snow, si posa silenziosamente sulle vette, nascondendo agli sguardi quello che c’è sotto, e l’amore non è abbastanza forte da sconfiggerli, il tradimento è ripagato con posti di comando e una volta oltrepassata la soglia della decenza umana, i sentimenti vengono spenti e la paura della morte, unita al dolore, produrrà altre vittime e distruzioni in un circolo vizioso che solo una ribellione di massa guidata da eroi potrà interrompere. Forse per questo ci piace molto questa serie: al di là delle somiglianze ormai superate con Battle Royale, sono film che parlano ai giovani adulti con franchezza e anche un po’ di sano pessimismo, e con Katniss e Lucy Gray Baird creano due personaggi femminili pieni di forza ma anche di debolezze e ambiguità (soprattutto nel secondo caso). Perché anche se i dittatori dividono il mondo in bianco e nero, mettendo gli uni contro gli altri e continuando ad approfittare delle divisioni, anche gli eroi devono studiare nuove strategie di sopravvivenza e lotta. Niente è facile, tutto va conquistato e difeso, soprattutto la libertà.

In ultimo, la saga offre anche una critica molto mirata e puntuale alla società dello spettacolo che ben conosciamo, in cui il pubblico a casa deve appassionarsi al peggio per alzare gli ascolti e l’adesione sociale ad uno stato fondato sul terrore e sulla vendetta. Il motto Panem et Circenses non è mai stato illustrato così bene come in questa serie fantasy: non è un risultato da poco, per un prodotto di intrattenimento. Per concludere, un cenno agli ottimi coprotagonisti: Peter Dinklage dipinge il bellissimo ritratto di un uomo lacerato, dal grandissimo attore che è, Viola Davis è un’ottima villain e Jason Schwartzman non perde un colpo nel ruolo del mago/presentatore dei Giochi, dando al suo personaggio la giusta verve senza farne una caricatura. Del resto siamo ancora agli inizi, prima che lo spettacolo nell'arena diventi coloratissimo, esagerato e moderno nei look e nelle acconciature eccentriche che conosciamo. E adesso che succederà? Sarà davvero finita? Se così fosse, diremmo che non è poi andata tanto male.



  • Saggista traduttrice e critico cinematografico
  • Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità
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