Hates - House at the End of the Street: la recensione del film con Jennifer Lawrence

11 giugno 2013
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Un thriller di genere con Elizabeth Shue

Hates - House at the End of the Street: la recensione del film con Jennifer Lawrence

La diciassettenne Elissa si trasferisce con sua madre Sarah in una cittadina di provincia, immersa nei boschi. Scostante vicino di casa è il giovane coetaneo Ryan, unico superstite di una famiglia distrutta dal duplice omicidio dei suoi genitori, per mano di una sorella mentalmente instabile. Elissa è subito affascinata da Ryan, intessendo con lui una difficile relazione, mentre sua madre l'ostacola a causa di mille sensi di colpa, e Ryan a sua volta sembra nascondere qualcosa...

Mark Tonderai, ex-disc jockey della BBC e in precedenza autore del thriller Hush, ha confezionato Hates - House at the End of the Street per rispettare tutte le regole del genere "hitchcockiano": passato misterioso, tensioni, sospetti, fiducia tradita, madri problematiche. Per farlo si è rivolto a due attrici di rilievo, Jennifer Lawrence (da poco premio Oscar per Il lato positivo) e la sempre in forma Elizabeth Shue, nel ruolo di sua madre. Pur di stupire lo spettatore, il copione di David Loucka e del redivivo Jonathan Mostow (che nel 2003 avrebbe dovuto dirigerlo) si apre a risvolti politicamente scorretti, ribaltando un apparente buonismo in un crescendo crudele ma sin troppo rocambolesco e improbabile.

L'omaggio alle tecniche del genere, in sceneggiatura e regia, è talmente calcolato da non emozionare mai davvero, anche perché tutti gli stereotipi situazionali di questo tipo di film sono già stati gonfiati e fatti esplodere con sagace autoironia da Wes Craven e dai suoi Scream.  Manca nel lavoro di Tonderai una marcia in più per trasformare il meccanismo in emozione reale o almeno in un punto di vista cinematografico che in immagine e suono si faccia ricordare.

Costato 7 milioni di dollari, Hates ne ha incassati in tutto il mondo 42, di sicuro imputabili al fascino e al traino della protagonista di Hunger Games, professionale come al solito. Non basta tuttavia l'impegno delle due attrici o del giovane Max Thieriot (Ryan) a innalzare il film da un coinvolgimento sensoriale molto basico, adatto ai brividi di una serata con pizza e amici.



  • Giornalista specializzato in audiovisivi
  • Autore di "La stirpe di Topolino"
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