Guest of Honour: la recensione del film di Atom Egoyan in concorso al Festival di Venezia 2019

04 settembre 2019
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Molte scelte sbagliate da parte del regista canadese: dalla sceneggiatura al casting.

Guest of Honour: la recensione del film di Atom Egoyan in concorso al Festival di Venezia 2019

Nel nuovo film di Atom Egoyan, si entra nel racconto con una giovane donna a colloquio con un prete. Il padre, prima di morire, aveva espresso il desiderio che il suo funerale fosse celebrato in una chiesa che non aveva mai frequentato in vita, da quel sacerdote, per motivi che sembrano oscuri a tutti. La donna racconta al prete di suo padre, affinché lui possa sapere cosa dire durante la cerimonia funebre, e in questo modo parla di sé, dei suoi traumi, e del rapporto che aveva con l’uomo. Parla al prete, e parla anche a noi.

Guest of Honour è un film nel quale, a partire da questo artificio, s’intrecciano vari piani temporali, vari punti di vista sulle cose, tante verità che appaiono inconciliabili, e che lo erano state davvero finché la morte non fosse intervenuta a spezzare la relazione tra il padre e la figlia. È un thriller sentimentale ed emotivo, dove si assommano le rivelazioni e le sorprese: sia che queste riguardino solo lo spettatore, o anche i protagonisti.
Per far funzionare una struttura di questo genere, per far sì che i nodi in cui i piani s’intrecciano tengano e gli scarti dove le verità si rivelano risultino sorprendenti, c’è bisogno prima di tutto di una sceneggiatura che funzioni.
Purtroppo, è proprio la cosa che funziona di meno del film, ancor più di una recitazione che, tolto David Thewlis, lascia molto a desiderare.

Perso nelle sue ossessioni riguardo i ragionamenti sulla verità dello sguardo e delle parole, , su realtà e apparenza, e nei giochini con gli schermi dei telefonini, Egoyan mette insieme il copione più improbabile e allo stesso prevedibile cui poteva aspirare, penalizzando l’insieme ma soprattutto il momento chiave di una rivelazione centrale per gli scopi dell’autore: che arriva in maniera così goffa da penalizzare la sua rilevanza.
Gli sforzi di Thewlis - costretti peraltro dalle esigenze di un personaggio tenue e monocorde, a dispetto di una professione insolita per il cinema: ispettore sanitario di ristoranti e bar -non bastano a salvare la situazione, e vengono anzi contrastati dalla performance di Laysla De Oliveira, che Egoyan ha voluto nei panni della figlia: sia quando è in scena da sola, che quando è con Thewlis, a colloquio col prete di Luke Wilson, o attorniata da più giovani interpreti.

Guest of Honour sembra far propria l’incompiutezza dei suoi protagonisti, le loro ingenuità e i loro traumi. La loro incapacità di vedere l’ovvio, e di reagire in maniera razionale e puntuale. E si spinge sperduto verso un finale, strambo, che appare sospeso, tagliato, improvvisato. Comunque sia, troppo tardivo, e ripiegato su sé stesso come tutto quello che l'ha preceduto.

Guest of Honour
Clip Ufficiale del Film - HD


  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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