Giovanna d'Arco: recensione della biografia frenetica di Luc Besson della classica pulzella d'Orleans con Milla Jovovich
Una versione meno spirituale e molto action e guerriera della celebre icona della resistenza francese contro gli invasori inglesi nel XV secolo.
Santa e guerriera. Nel XV secolo non era certo inaccettabile o magari dissacrante un abbinamento del genere per identificare la stessa persona; e che persona. Venerata come santa dalla Chiesa cattolica, eroina nazionale francese, amata dal popolo in quanto santa patrona di Francia e passata alla storia come la pulzella d’Orleans, Giovanna d’Arco, raccontata qui un po' a sorpresa da Luc Besson, è una figura emblematica che venne in soccorso, muovendoci in bilico fra storia, leggenda e agiografia, di una Francia che visse i suoi anni più bui, quelli in cui gli odiati inglesi occupavano quasi metà paese, durante la Guerra dei cent’anni, ed erano pronti a conquistare l’altra metà. Prima con un accordo dinastico, poi con le truppe sul territorio. Fin qui i fatti, poi arriva la pulzella, bionda e con una grinta seconda solo al suo fervore religioso. Da buona cattolica, o forse da fanatica, si confessa ogni giorno, almeno, talvolta anche più spesso, fin quasi a far perdere la pazienza al suo stesso parroco.
Cresce presto, Giovanna, diventa ragazza e partecipa con il delfino di Francia alla guerra per la riconquista del nord del paese, convincendolo di come sia una messaggera di Dio e del fatto che lo porterà a essere incoronato Re di Francia nella cattedrale di Reims, ora in mano agli inglesi. Besson divide in tre parti il film, concentrandosi prima all’infanzia di Giovanna, poi alla sua entrata nell’agone pubblico, seguendo le sue battaglie e, infine, il processo subito dagli inglesi, a cui fu venduta dai loro alleati su territorio francese, i borgognoni. Come noto, la pulzella viene messa alle corde, si fa insicura anche lei su alcuni eventi interpretati in una maniera e in un’altra grazie alla voce di Dio. Gli inglesi la bruciarono in piazza, a Rouen, nel 1431, all’età di 19 anni.
Non c’è dubbio come a Besson interessi l’epopea e il fascino carismatico, nervoso e isterico di Giovanna, seguendola in battaglia. Sono i duelli, le parti d’azione, quelle in cui dimostra il suo talento. Siamo ovviamente ben lontani dall’analisi spirituale e mistica di Dreyer o Bresson. Scordiamoci la profondità dei personaggi, qui è la magniloquenza della messa in scena e non il misticismo di Giovanna, le sue pulsioni interiori, che contano. Diventa una specie di fanatica incapace di mettere a freno i suoi istinti e la certezza di parlare per bocca di Dio. Superficiale, poi, è il contorno di personaggi storicamente esistiti, ridotti a poco più che figuranti e macchiette.
La Jovovich ce la mette tutto a giocare sul contrasto fra la sua bellezza angelica e la sua forza ultraterrena, brutale, feroce, trasudante un fanatismo che trasmette alle truppe francesi guidandole verso la principale vittoria, quella che liberò la città di Orleans. Besson si diverte, è palese, non solo con le scene di massa e le cruente battaglie, ma anche esagerando scene e comportamenti, portandoli talvolta al limite del ridicolo, seminando però qua e là indizi sufficienti a identificare una carica ironica, e rigorosamente laica, da parte del giovane d’oro del cinema francese degli anni ’90.
- critico e giornalista cinematografico
- intervistatore seriale non pentito