Fast and Furious 7: la nostra recensione del nuovo film della saga
Un grande spettacolo: surreale, esplosivo, spaccone e commovente.
La saga di Fast and Furious è un mondo parallelo a tutti gli effetti, possiamo osservarlo con distacco o spiccare un balzo laterale entrando nel suo flusso di emozioni. In quindici anni, sette film hanno espugnato gradualmente il senso critico del pubblico senza mai rinnegare la spacconeria di poche pretese dei primi capitoli, allargando ambiziosamente i propri orizzonti e dimostrando maturità e saggezza nel dare umanità ai personaggi, nonostante si tratti di film d’azione di puro intrattenimento. L’elemento della famiglia, trattato con estrema serietà a partire dal quinto film, è stata la scommessa vinta di Vin Diesel. Da produttore ha introdotto questo tema a lui caro, elevando una saga che sarebbe rimasta famosa altrimenti solo per le surreali scene d’azione.
In Fast & Furious 7 la storia continua come da tradizione, con orgogliosa spacconeria. Jason Statham è Shaw, il criminale che si mette sulle tracce di Dom Toretto, reo di avergli ucciso il fratello insieme al suo team nel capitolo precedente. La linea narrativa si mantiene semplice: recuperare un congegno capace di localizzare in tempo reale qualunque individuo sul pianeta e usarlo per trovare Shaw, prima che lui trovi i nostri eroi. Gli sforzi produttivi sono incanalati nelle numerose sequenze d’azione che raddoppiano e triplicano contemporaneamente, costringendo i personaggi a cavarsela in diverse situazioni. La storia inizia in California, si sposta sui monti del Caucaso, vola verso Abu Dhabi e si conclude con un ritorno infernale a Los Angeles. Anche stavolta al pubblico è offerta la grande occasione di sospendere l’incredulità, di gioire, divertirsi e applaudire di fronte ad automobili paracadutate e che volano da un edificio all’altro.
Il trentottenne regista James Wan rileva la serie da Justin Lin che aveva diretto gli ultimi quattro episodi. Wan arriva dagli horror low budget di successo Saw, The Conjuring e Insidious, provando di essere all’altezza nel gestire un film complesso dove tutto è per lui moltiplicato, dalle risorse tecniche a quelle umane, dagli attori alle location, dai soldi al fiato sul collo dei produttori. Con il massimo rispetto, Wan tenta di dare maggiore personalità ai combattimenti, riuscendo a trascinare il pubblico dentro coreografie che rappresentano sogni divenuti realtà per molti estimatori del genere: Dwayne Johnson vs Jason Statham, Paul Walker vs Tony Jaa, Michelle Rodriguez vs Ronda Rousey, Jason Statham vs Vin Diesel. I corpi cadono, rimbalzano, crollano sotto i fendenti e si rialzano, assistiti da inquadrature rotatorie di grande effetto scenico.
In una pausa delle riprese, Fast & Furious 7 ha perso uno dei membri della famiglia. È stato arduo per tutto il cast e la troupe fermarsi, piangere l’amico fraterno, capire cosa cambiare e come finire il lavoro. Ugualmente difficile è riuscire a vederlo sullo schermo senza pensare che lui non ci sia più. È presente nel film fino alla fine, con qualche scena girata dopo la tragica morte in cui i suoi due fratelli si sono alternati come controfigura. La delicatezza e l’affetto con cui è onorato e ricordato nella scena conclusiva, attraverso il suo personaggio Brian O’Conner, sono particolarmente commoventi. Non c’era famiglia cinematografica migliore che potesse rendergli un omaggio così bello, toccante e sincero, fino all’inquadratura finale altamente simbolica. È stata l’ultima corsa di Paul Walker, ma come dice Dom Toretto “un addio non è mai per sempre”.
- Giornalista cinematografico
- Copywriter e autore di format TV/Web