Un petit frère: recensione del film di Léonor Serraille in concorso a Cannes 2022
Una madre e due figli in arrivo a Parigi dalla Costa d'Avorio raccontati in vent'anni di vita da Léonor Serraille in Un petit frère, film che ha concluso senza troppo esaltare il concorso del Festival di Cannes 2022. La recensione di Mauro Donzelli.
Una madre e due figli. È questo il triangolo scaleno in cui si concentra il secondo film da regista di Leonor Serraille, apprezzata attrice del cinema francese indipendente. Dopo aver concentrato il suo sguardo su una donna single che dalla provincia cerca di ricostruire la sua vita, sentimentale e professionale, nel suo esordio Montparnasse femminile singolare, in Un petit frère esamina altri nuovi arrivi in città, quelli di una madre single e di due figli provenienti dalla Costa d’Avorio alla fine degli anni Ottanta, seguendoli per una quindicina d’anni. Un percorso simile a quello di molti altri immigrati in una realtà post coloniale. Si appoggiano da alcuni parenti per trovare il perimetro migliore in cui orientarsi e prendere consapevolezza della loro condizione. Lei lavora nelle pulizie, mentre i ragazzi si danno da fare a scuola.
La Serraille regala brevi ritratti di quotidianità, con le pressioni della famiglia per far trovare “un uomo” alla madre, e di conseguenza una figura paterna per i figli. Ma lei cerca una persona che la lasci libera di esprimere una personalità vivace, una voglia di vivere senza omologazioni al di fuori dell’orario di un lavoro che certo non rappresenta la realizzazione di un “sogno parigino”. Proprio inseguendo la passione per un affascinante uomo - rigorosamente sposato - Rose si trasferisce con i figli a Rouen, in Normandia. Nuovo ambiente, mentre l’adolescenza porta a differenziare il carattere e la volontà dei due. Il più grande perde per strada il sogno di diventare un pilota, e in generale gli studi, dimostrando un vuoto difficile da colmare. Sarà il più piccolo, come suggerisce il titolo, a formare una sua personalità forte, applicandosi nello studio e diffidando spesso dei comportamenti della madre, imperfetta come ogni genitore, persa fra l’amore e le complesse avversità della vita.
Niente di (melo)drammatico, come ogni svolta narrativa di questo ritratto sottovoce, che evita scene madri e traumi. C’è già la vita a proporre ostacoli che da piccoli diventano facilmente insormontabili. Una famiglia come tante, una frammentazione nel racconto che lascia volutamente molti tasselli del puzzle incompiuti. Un passo in avanti per Leonor Serraille nella maturazione di uno sguardo sempre vicino ai suoi protagonisti, nelle loro sfaccettature, imperfezioni e fragilità. Niente di sconvolgente o innovativo, Un petit frère è un breve viaggio che si segue con interesse per la sua onestà diretta e sincera. È già qualcosa.
- critico e giornalista cinematografico
- intervistatore seriale non pentito