Downton Abbey: recensione del capitolo cinematografico dell'amata serie televisiva, visto alla Festa di Roma

19 ottobre 2019
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Il ritorno dopo alcuni anni dei nobili e della loro servitù non deluderà gli amanti della serie e non solo.

Downton Abbey: recensione del capitolo cinematografico dell'amata serie televisiva, visto alla Festa di Roma

C’è posta a Downton. Una lettera speciale per annunciare la visita, nientemeno, del re e della regina, che per una notte alloggeranno nella dimora dei Grantham, con tanto di parata militare e cena di gala. Un evento memorabile che crea scompiglio, eccitazione e voglia di ben figurare in tutti gli abitanti, quelli sopra e quelli sotto le scale. Dopo quasi tre anni dalla conclusione della sesta e ultima stagione, oltre a vari tentativi poi abortiti, è giunto il momento del film di Downton Abbey. Un'occasione per soddisfare gli amanti della serie in crisi d’astinenza, ma soprattutto per avere la conferma che il creatore e sceneggiatore, Julian Fellowes, ha saggiamente atteso qualche tempo prima di avere l’idea giusta. Il formato è simile a quello degli speciali di Natale che sono stati proposti in passato, con un plot concentrato intorno a un evento importante per la casa. Quale più di una visita reale per ricompattare gli abitanti, anche quelli che l’avevano da poco lasciata, come Mr Carson, che si conferma uno dei personaggi più interessanti e amati della saga, insieme a una straordinaria Maggie Smith, ancora una volta, nei panni di Lady Violet.

È lei a prendere le redini della parte conclusiva del film, quando la visita reale si sta concludendo ed è il momento di riprendere il filo della vita e del futuro della gente di Downton. I suoi dialoghi pungenti e i battibecchi sul filo di un’esilarante ironia sono, al solito, memorabili. Questa volta duetterà perlopiù con un nuovo personaggio che le tiene testa, la cugina e dama di compagnia della regina, Lady Bagshaw (Imelda Staunton). Diciamolo subito, l’operazione convince in pieno e non dà la sensazione di una minestra riscaldata. Del resto non mancano i cuochi di livello, non solo la nota e sanguigna Miss Patmore, ma anche lo chef del re in persona, il bizzarro Monsieur Courbet, ovviamente con un pronunciato accento francese.

Il film spinge ancora più del solito sul versante dell’ironia, creando una gustosa collisione fra due mondi del piano di sotto: quello fra la servitù locale e quella reale, pronta a giungere in massa per sostituire in ogni mansione Mr Carson e compagni. Inutile dire che il duello non sarà a senso unico, e verrà messa a dura prova anche la fedeltà alla corona dell’integerrimo e conservatorissimo maggiordomo in pensione. In un periodo in cui i confini fra cinema e televisione sono sempre più sfumati non ci sembra inopportuno vedere un prodotto del genere sul grande schermo. Una visione che riconcilia con la scrittura arguta e complessa, con delle recitazioni sempre impeccabili, per ogni singolo ruolo, e non sono pochi. Fellowes si conferma grande antropologo capace di analizzare l’evoluzione dei vizi e delle virtù della società britannica, eccellendo nelle sottottrame, nella cura con cui vengono rappresentati gli anni che passano, con le variazioni sociali e nei costumi, attraverso piccole sottolineature, fugaci momenti.

In un’epoca di sfaldamento della società dell’ex impero, con una Brexit che sta facendo perdere punti di riferimento e il rispetto, finora mai mancato, per la propria classe politica, Downton Abbey continua a rappresentare la comunità intorno alla quale si stringe ogni classe sociale, il saldo principio della tradizione rurale dei nonni e ancora più indietro. A noi spettatori rimane la delizia di gustarci uno spettacolo raffinato, come fossimo sistemati belli comodi in una poltrona chesterfield, annegando preoccupazioni e grane quotidiane in un bicchiere di buon whisky torbato. Fellowes è stato capace di creare un vero universo, una realtà virtuale molto analogica, una Marvel di corsetti e buone maniere in cui ogni tanto è piacevole perdersi.



  • critico e giornalista cinematografico
  • intervistatore seriale non pentito
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