Dove non ho mai abitato: recensione del melodramma di Paolo Franchi con Emmanuelle Devos e Fabrizio Gifuni

11 ottobre 2017
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Il lento avvicinamento di due persone.

Dove non ho mai abitato: recensione del melodramma di Paolo Franchi con Emmanuelle Devos e Fabrizio Gifuni

Nella prima sequenza di Dove non ho mai abitato, nuovo film di Paolo Franchi, Francesca, unica figlia di un anziano avvocato della Torino bene, arriva tardi alla cena in cui si festeggia il compleanno del capofamiglia. È atterrata da Parigi, dove da anni vive insieme al compagno, decisamente più anziano di lei. Emblematica sintesi di un rapporto padre/figlia sempre fuori tempo, in un film che mette in scena il faticoso tentativo di ridurre lo spazio che ha preteso per allontanarsi dalle pressioni di un ingombrante educatore, mai contento delle sue scelte. L’architetto sognava un destino professionale simile per la talentuosa figlia, spinta invece a cercare altrove una figura paterna sotto forma di un compagno apparentemente sottomesso ai voleri della moglie - un inquadrato finanziere di professione -, in realtà fulcro equilibratore. L’età avanza, la salute del professor Manfredi peggiora, tanto che Francesca accontenta il padre che la vuole vedere impegnata nel suo studio insieme al pupillo, vero figlio ideale mai avuto; il serioso, scrupoloso e burbero Massimo, interpretato da Fabrizio Gifuni.

Si delinea a questo punto il confronto fra due anime che si specchiano in scelte opposte, all’inizio con diffidenza, poi sempre più con rimpianto. Se lei ha scelto la famiglia, e una figlia, lui vive solo per il lavoro, frequentando una donna con la regolarità di un appuntamento dall’analista, senza spontaneità, vivendo in una casa da single opprimente, lasciando solo degli scatoloni ancora chiusi come appiglio per mantenere un minimo di rumore bianco nella sua vita.

Come per un insegnante il passare degli anni aumenta la malinconia di invecchiare mentre i propri allievi rimangono della stessa età, l’architetto organizza gli spazi di altri, prepara la condizione ideale per lo scorrere della loro vita, incapace di farlo nella propria casa, e nella propria vita. Anche la casa invecchia con lui, incapace di mettersi in gioco per azzardarsi a cercare l’amore. 

Il cinema di Franchi si lascia (fortunatamente) alle spalle la deriva psicanalitica e funerea da Eros e Thanatos di E la chiamano estate, per tornare alle suggestive atmosfere del suo esordio, La spettatrice. In quel caso osservava con la protagonista dalla finestra, questa volta entra in casa, fino al punto di ragionare su chi quegli spazi crea senza poi viverci, in una specie di vita domestica surrogata. 

Francesca e Massimo si trovano a lavorare quotidianamente per costruire il nido d’amore di una coppia tanto innamorata da metterli di fronte alle paura con cui hanno vissuto la loro vita adulta. In questo Franchi inserisce un elemento molto contemporaneo nella sua storia classica che rimanda alla grande letteratura ottocentesca. L’immobilismo non è più dovuto alle regole della società, ma alla mancanza del coraggio di esporsi, senza più nemici esterni con cui combattere. Nonostante il tempo per percorrere spazi una volta inusitati sia ridotto a un rapido viaggio in aereo, alla fine il confronto decisivo rimane quello con se stessi, con la propria voglia di aprirsi all’altro, accettando il peso di possibili nuove frustrazioni; il film ce lo racconta nell’ostinazione di Massimo, che non vuole accontentare i giovani sposini ricavando un’altra stanza, mentre sarà il cambio di punto di vista di una Francesca piena di nuovo entusiasmo a risolvere la questione, ideando una soluzione che si apre all’ambiente circostante.

In questa istintività ritrovata, nello scoppio di una risata inattesa o di un cambio di programma, Emmanuelle Devos riesce a sostenere il delicato equilibrio fra le temperature di un melodramma che commuove e convince, senza scorciatoie inverosimili, rimettendo in moto due persone ferme da troppi anni, senza il timore, o la certezza, che si tratti di uno girare in tondo.



  • critico e giornalista cinematografico
  • intervistatore seriale non pentito
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