Diva Futura: la recensione del film di Giulia Steigerwalt in concorso al Festival di Venezia
L'agenzia del sesso creata da Riccardo Schicchi negli anni '80 che ha rivoluzionato erotismo e porno nel nostro paese è al centro del secondo film di Giulia Steigerwalt. La recensione di Mauro Donzelli di Diva Futura in concorso al Festival di Venezia.
Noi siamo amorali, non immorali.
È il motto ripetuto più volte dal capo della compagnia del gruppo compatto e guidato da una vera pulsione rivoluzionaria: liberalizzare i costumi e l’approccio alla sessualità, meglio se guadagnandoci dei soldi e magari divertendosi. È Riccardo Schicchi a guidarli fra gli anfratti della legalità ambigua, le persecuzioni delle forze dell’ordine che presto li prendono di mira, perché sono originali e hanno una strategia di comunicazione mai vista dalle nostre parti, sono visibili e sexy. Attraversano vent’anni di storia d’Italia, cercando di seguire l’onda lunga ormai quasi del tutto evaporata della liberalizzazione dei costumi degli anni Settanta, per mettere il porno al centro della quotidianità e anche del dibattito sui giornali e fino in Parlamento, dove finì come deputata radicale la prima pornostar di scuderia, Ilona Staller in arte Cicciolina.
La scuderia è la Diva Futura, come il titolo del secondo film di Giulia Steigerwalt dopo l’apprezzato Settembre, che prende spunto dal libro di memorie - Non dite alla mamma che faccio la segretaria - del braccio destro di Schicchi per molti anni, Debora Attanasio. Il sottotitolo aiuta a comprendere ancora meglio, Memorie di una ragazza alla corte del re dell’hard. Serviva un punto di vista, un personaggio in cui il pubblico potesse identificarsi ed entrare in questa epopea raccontata con un bello stile ironico e un’insistita voce fuori campo, in cui tutto sembra essere maledettamente serio e professionale, specie a livello di facciata, ma si cerca di non prendersi poi troppo sul serio. Una parabola lunga molti anni e tante bizzarrie, a partire dal protagonista, passionale eppure ritratto come un Candido e un gentiluomo, incapace di concepire la violenza e sempre galante.
Va detto che Pietro Castellitto, che lo interpreta, un gigante da cui la commedia italiana dovrebbe ripartire, finora esplorato solo in controluce, è la colonna di questa storia, capace di sostenere l’anima così particolare di Schicchi, spiazzante, estremo ma di una sincerità infantile, circondato da gatti e serpenti velenosi, pronto a esplodere per sostenere il libero sviluppo della sua generazione pornostar, ma con un concetto molto personale della fedeltà. Ci sono Moana Pozzi ed Eva Henger, le trasmissioni sulle televisioni private e i VHS con vendite di massa, l’amore libero e gli spettacoli dal vivo. Ma anche un’avversione per il porno senza “umanità”, almeno così lo racconta Steigerwalt, sostenendo il pionierismo con stile del mondo Diva Futura in contrapposizione con l’irruzione poi, specie con internet, di un porno diverso, sempre in combutta per qualche ragione con la violenza, pronto a concretizzare contro la donna ogni fantasia e perversione della mente maschile imbastardita da secoli di patriarcale machismo.
Il film vuole raccontare di una famiglia, e in questo può anche essere edulcorata e dimentica di qualche alto e basso, ma non nasconde gelosie e tormenti vari, litigi e faide come di prassi per ogni famiglia. Paradossale e leggero senza essere inconsistente, Diva Futura non giudica, diverte e riconduce sesso e porno alle giuste proporzioni, allontandosi dall’abuso di cerebralità ideologica, ma anche dal qualunquismo, evidenziando i rischi di una mercificazione del corpo femminile. Ma è solo sesso, fa parte della vita di tutti, e non è poco. Non dovrà mica sempre essere visto come un problema.
- critico e giornalista cinematografico
- intervistatore seriale non pentito