Cuori Puri: la recensione dell’opera prima di Roberto De Paolis su un amore in periferia

23 maggio 2017
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Presentato a Cannes, il film racconta l'incontro fra due mondi e l’ossessione di entrambi di rimanere incontaminati.

Cuori Puri: la recensione dell’opera prima di Roberto De Paolis su un amore in periferia

Raccontata e ri-raccontata, rappresentata realisticamente o fumettisticamente, come una Sin City battuta dalla pioggia, o come un crogiuolo di passioni laceranti e dirompenti sullo sfondo di uno scenario di miseria, rabbia e prevaricazione, la periferia romana accoglie nella propria pancia - lasciandola galleggiare in un liquido amniotico epurato dal giudizio morale - una nuova storia per il cinema: la storia di Agnese e di Stefano, ragazzi usciti dalla fantasia di Roberto De Paolis e costruiti giorno per giorno sul set con l’aiuto di attori che hanno mescolato il loro io all’ossessione per la purezza dei loro personaggi, desiderosi di mantenere "incontaminati" o il corpo che Dio ci ha donato, o il luogo di lavoro, o i propri pensieri e le proprie convinzioni. Del resto, il primo film di un esordiente classe 1980 che è stato video-artist e ha diretto due corti si intitola Cuori Puri, a sottolineare un desiderio tutto giovanile di non aprirsi a nessun mistero, di non mescolarsi a qualcosa (o qualcuno) che, invece di essere l’altro da sé, è il "quasi uguale a sé".

E proprio questo è il fulcro di un'analisi sottile delle tensioni che abitano i luoghi di confine, frutto di un lavoro di documentazione e di mesi interi trascorsi a Tor Sapienza, nel campo rom di Via Salvati e fra comunità religiose e centri di accoglienza. Sottile perché, in un coacervo di fasce disagiate schiacciate le une contro le altre come palazzoni-alveare, il sentimento che emerge con prepotenza e sul quale il regista riflette è il terrore di somigliare inesorabilmente a chi sta appena peggio, a chi è ancora più ai margini. Capita così che il custode venticinquenne di un parcheggio che confina con un campo rom si trovi a detestare gli zingari che invadono il suo spazio con il pallone e che la diciottenne che ha fatto voto di castità consideri la verginità come un antidoto all’omologazione, allo svilimento.

Ma Stefano e Agnese sono anche umani, e il bisogno di fuggire dalla propria identità in fondo lo avvertono. E reagiscono, a volte ascoltando le sollecitazioni, a volte contrattaccando alle scosse. De Paolis filma la loro trasformazione come se questa avvenisse senza preavviso, e lo fa con una naturalezza che trova la sua più piena espressione in una macchina a mano desiderosa di seguire i corpi in movimento, e di lasciarli liberi invece di costringerli fra i bordi “tiranni” dell’inquadratura.

Così la vita fluisce: quella del film - libero dagli schemi - e quella di strada e nella chiesa. E in quest’ultimo contesto, La ragazza del mondo, a cui verrebbe da accostare Cuori Puri, non è un riferimento obbligato né un’opera con cui individuare un parallelismo, perché lo sguardo con cui il film di Roberto De Paolis ci restituisce le dinamiche interne a una comunità cattolica è anch’esso incontaminato (non che il debutto di Marco Danieli fosse furbo o smaliziato, ma si basava su un’esperienza analoga a quella della protagonista femminile), ed è rispettoso e quasi meravigliato nel suo raccontare una fede non costrittiva, una religiosità "aperta" della quale si fa portavoce un prete "illuminista".

E’ un percorso non dirompente il cammino compiuto dai protagonisti di Cuori Puri, e che lascia spazio alla pacata rappresentazione di una quotidianità fotografata solo con luce naturale: giorni spesso uguali ma resi urticanti da personaggi sgradevoli come un datore di lavoro prevaricatore, una madre morbosa, un amico inopportuno e violento. Ecco le sfumature e le "interferenze" che ci piacciono del film, che non diventano mai sbavature o concessioni al cliché. Certo, bisogna avere la sensibilità per coglierle, e la speranza è che il pubblico ne dimostri almeno un po’.



  • Giornalista specializzata in interviste
  • Appassionata di cinema italiano e commedie sentimentali
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