Croce e Delizia: la recensione della commedia con Alessandro Gassmann, Fabrizio Bentivoglio e Jasmine Trinca
Genitori e figli, fra amori non più giovani e rancori.
La ricerca di un’idea forte di partenza sembra essere la stella polare di Simone Godano, che dopo aver scambiato il corpo, movenze incluse, a Pierfrancesco Favino e Kasia Smutniak, in Moglie e marito, per l’opera seconda, Croce e delizia, continua ad affidarsi a una sceneggiatura di Giulia Steigerwalt proponendo un soggetto, uno spunto di partenza, altrettanto sorprendente. Non sarà fantascientifico, ma sicuramente presentare due uomini fra i cinquanta e i sessanta, nonni o quasi, che si scoprono gay e si innamorano, richiede una buona dose di sospensione d’incredulità. Vengono in soccorso in questo la tipicità del film comico e la bravura della coppia in questione, composta da Tony Castelvecchio (Fabrizio Bentivoglio), sofisticato, molto benestante e un po' sospeso nel suo mondo, e Carlo Petagna (Alessandro Gassmann), senso pratico, vocione alto, estrazione popolare e una grande umanità.
Ancora una coppia e un dualismo, questa volta caratteriale, con i due che sembrano male assortiti, portatori di dosi opposte di croce e delizia.
Dopo una breve presentazione dei due microcosmi, che si ritrovano a condividere un’estate in una splendida villa sul mare, il film ci propone il momento chiave, quello in cui Carlo e Tony devono annunciare alle rispettive famiglie la lieta notizia: il loro imminente matrimonio. Il tutto concentrato in una sera, a cena, in cui più o meno casualmente i Petagna e i Castelvecchio si ritrovano nello stesso ristorante. Un’occasione per confrontarsi con un grande classico della nostra commedia, la cena degli opposti con rivelazione cruciale.
Come si può immaginare la reazione dei figli non sarà del tutto entusiasta, almeno da parte dell’irrisolta e timida maestra d’asilo Penelope (Jasmine Trinca) e del figlio di Carlo, Sandro (Filippo Scicchitano). Quest’ultimo ha un banco di pescheria, viene da una famiglia popolare e dai valori tradizionali, quindi in fondo non stupisce troppo la sua reazione spaesata; la progressista Penelope, invece, dimostra un’ostilità che conferma come a parole sia semplice predicare bene, ma sia ben più complesso reagire in maniera illuminata quando si è messi alla prova negli affetti più intimi.
Addirittura i due uniranno le forze creando un’alleanza, perché questo matrimonio “non s’ha da fare”. La prima parte è quella che cavalca l’assunto da film comico, ma anche la meno interessante di un film che funziona meglio quando si scopre commedia di personaggi, più che di situazioni, in cui l’innamoramento dei pater familias - seconda (o terza) possibilità che si concedono per essere felici - innesca una deflagrazione interna dei mostri familiari, dopo decenni di incomprensioni e piccoli grandi rancori sopiti.
Un confronto che ribalta i tradizionali ruoli generazionali: non sono i figli a sottoporsi al giudizio dei genitori, ma il contrario, sono i più grandicelli che rivendicano la possibilità di formarsi una nuova famiglia, o quantomeno allargata, senza rinnegare quella precedente. Croce e delizia racconta con leggerezza come guardare all’altro con apertura sia la chiave della convivenza, in ogni ambito. Lo dimostra il rapporto più convincente del film, quello fra Alessandro Gassmann e Jasmine Trinca - in convincente e speriamo non episodica 'fuitina' nella commedia -, in cui basta l’apertura di una piccola breccia per stimolare la curiosità reciproca, la voglia di conoscersi, alla scoperta delle proprie grandi differenze. Accettare l’altro per quello che è, senza prendersi troppo sul serio, perché potrebbe nascondere una bella sorpresa.
- critico e giornalista cinematografico
- intervistatore seriale non pentito