Cowboys & Aliens - la recensione del film con Daniel Craig
Il titolo dice tutto. Illustra ostentatamente, al limite del pleonasmo, quella che al tempo stesso è la grande forza e il grande limite del film diretto da Jon Favreau.
Cowboys & Aliens - la recensione
Il titolo dice tutto. Illustra ostentatamente, al limite del pleonasmo, quella che al tempo stesso è la grande forza e il grande limite del film diretto da Jon Favreau.
Perché siamo nell’anno 2011, il postmodernismo è oramai roba antiquata, e continuare a stupirsi di fronte al mix di generi, al tema della contaminazione, non è miope, ma cieco.
Eppure.
Eppure, con mosse che appaiono in buona parte consapevoli ma anche, parzialmente, inconsce, Cowboys & Aliens sembra voler denunciare proprio i limiti dell’operazione di mash-up che sbandiera con tanto orgoglio, sorpassandola a destra.
Quello di Favreau è infatti con tutta evidenza un western del tipo più classico, nel quale la minaccia indiana viene sostituita da quella extraterrestre (in fondo, sempre di alieni si tratta) e che solo nel terzo atto lascia che l’estetica fracassona ed esplosiva della fantascienza da botteghino preda il sopravvento, seppur momentaneamente, prima del colpo di coda del finalissimo.
Paradossalmente, considerato che il film è firmato dal regista dei due Iron Man, sono proprio le parti sci-fi a risultare meno convincenti, mentre sorprende il respiro che Favreau è capace di dare al genere più puramente americano della storia del cinema.
E, se l’obiettivo era quello dell’intrattenimento puro e semplice, ecco che nel complesso l’operazione può dirsi compiuta, pur con qualche riserva.
Ma non sono queste, in fondo, le cose importanti di un film come Cowboys & Aliens.
Esaltando come mai prima i lati mainstream e da blockbuster puro di una pratica oramai antica e da tempo uscita dal sottobosco dell’indie e della serie B, Cowboys & Aliens ne decreta la totale obsolescenza, e mette in evidenza elementi altri.
Nella contrapposizione tra un genere passatista come il western ed uno dalla spettacolarità opposta come la fantascienza, ecco che il film di Favreau pare ragionare sullo scontro tra un rimontate cinema “classico” e le derive cameroniane dell’effetto speciale e dello stupor visivo a tutti i costi, lasciando chiaramente intuire chi ne risulti idealmente vincitore.
Perché Cowboys & Aliens è (di)chiara(ta)mente cinema umanista, dove è la fisicità spigolosa di Daniel Craig a dare surplus narrativo, dove la necessità di fare fronte comune e superare le differenze per contrastare una minaccia altra è chiaro invito al recupero di una logica comunitaria che, nell’America della Goldman Sachs, sembra essere andata persa.
Allora, appare emblematico che i perfidi alieni minoritari del film siano sbarcati sulla Terra, rapendo e riducendo in ipnotica schiavitù la razza umana, mossi dall’avidità, dalla febbre dell’oro.
Chissà che non siano un 1% contro cui si unisce e rivolta il restante 99.
- Critico e giornalista cinematografico
- Programmatore di festival