Christine Cristina - la recensione del film di Stefania Sandrelli
Esce in sole 20 copie Christine Cristina, debutto alla regia di Stefania Sandrelli, che racconta la storia di una donna eccezionale, Cristina da Pizzano, vissuta in Francia tra la fine del Trecento e l'inizio del Quattrocento, e affermatasi come letterata in un periodo storico proibitivo per il sesso femminile.
Christine Cristina - la recensione
C'era un tempo in cui in Italia esistevano i cinema. Non i multiplex che danno più o meno tutti gli stessi film, da consumare in fretta tra un secchiello di popcorn e una bibita gasata, ma tantissime sale, in provincia e nella grande città, che offrivano a qualsiasi tipo di spettatore la possibilità di vedere il film che preferiva. In quest'epoca felice e che sembra ormai più remota di quella preistorica, un film come Christine Cristina avrebbe sicuramente trovato il suo pubblico. Oggi questo pubblico, se ancora esiste, dovrà andarselo a cercare col lanternino, e i realizzatori sperare nel fatidico passaparola perché possa conquistarsi una sua nicchia. Purtroppo questi sono i tempi in cui viviamo, ed è forse anche per questo che abbiamo apprezzato il debutto di Stefania Sandrelli dietro la macchina da presa.
Ci vuole passione e coraggio per presentare, oggi, la storia di Cristina da Pizzano o Christine de Pisan, passata alla storia della letteratura come poetessa e scrittrice innovativa e influente, donna di eccellenza in un periodo buio come il Medioevo (sia pure nel suo confluire nell'Umanesimo). Una donna vedova e con due figli, italiana e francese al tempo stesso, figlia del defunto astronomo di corte del defunto re Carlo V e mal vista dai Borgognoni, che col coraggio della sua volontà, e il determinante incontro con figure maschili a modo loro eccezionali (il cantastorie Charleton e l'Arcidiacono di Notre Dame), si afferma come letterata in un mondo in cui la cultura è appannaggio di pochissimi, e ancora meno sono in grado di leggere e scrivere. E lo fa con grazia, gentilezza, senza mai mettersi in competizione col mondo maschile (anche se risponde “per le rime” a un vacuo vate di corte) ma sfruttando al meglio le sue doti femminili, senza scendere a compromessi umilianti per la propria dignità. E' un personaggio che è quasi un role model a cui guardare oggi come fonte di ispirazione: in un momento storico in cui la cultura è inspiegabilmente finita in fondo alla scala dei valori e la barbarie avanza, la storia di Christine ci ricorda che il Medioevo è appena dietro l'angolo, e che l'arte e l'attività del pensiero possono elevarci al di sopra della brutalità dell'epoca in cui ci tocca vivere.
Nel ritratto di questa sua protagonista, Stefania Sandrelli non è mai pedante e cattedratica. Ha la giusta delicatezza del tocco nel rappresentare una storia che è semplice e contenuta, si appoggia su un'ottima sceneggiatura (firmata da Giacomo Scarpelli e supervisionata dal grande Furio, recentemente scomparso, che ha contribuito all'adattamento dei versi) e ad attori che aderiscono con passione al loro ruolo. Non è un'operazione per palati superficiali, ma non pretende nemmeno di essere un capolavoro, e anche se non tutti gli elementi appaiono ben amalgamati, il ritratto di Cristina ne esce con tutti i colori giusti. Con le belle musiche di Pasquale Catalano, il condimento sapido dell'ironia che fa sì che la storia non sia mai pesante e noiosa, 90 minuti di durata e scintillanti vette recitative toccate soprattutto da Alessandro Haber e da quel mostro di bravura che è Roberto Herlitzka, Christine Cristina rende giustizia anche alla personalità e al carattere della sua regista: una donna che con la sua indecifrabile grazia e leggerezza ha attraversato i decenni migliori del cinema italiano e che, a quanto pare, ha ancora molte sorprese da riservarci, non solo davanti alla macchina da presa.
- Saggista traduttrice e critico cinematografico
- Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità