Campo di battaglia: la recensione del film di Gianni Amelio con Alessandro Borghi
Due medici divisi nell'approccio con i soldati che tornano feriti dal vicino fronte durante la Prima guerra mondiale. Campo di battaglia segna un punto di vista inconsueto sui combattimenti di un conflitto cruciale e capace di risuonare ancora oggi. La recensione di Mauro Donzelli di Campo di battaglia.
Un senso di impotenza, una spirale impossibile da fermare, emana con forza dalla prima (bellissima) sequenza di questo sguardo sulla Prima guerra mondiale di Gianni Amelio. È notte fonda e giriamo intorno a un cumulo che poi ci rendiamo conto essere rappresentato da una pira di cadaveri di soldati, con uno di loro, fortunato per essere ancora in piedi, che con un pungolo fa pressione per vedere se qualcuno ancora reagisce, se è finito per sbaglio fra i cadaveri pur essendo ancora vivo. È l’unico momento che ci conduce nel più tradizionalmente inteso Campo di battaglia, come il titolo di questo film, che per la stragrande maggioranza del tempo ci conduce invece in uno dei tanti altri luoghi in cui anche la Prima guerra mondiale venne "combattuta".
Siamo in un ospedale, fra le corsie affollate in cui trovano posto a centinaia di pazienti nuovi ogni giorno, per essere rimessi in sesto più che guariti, con lo scopo di tornare presto in prima linea, pronti a morire per la patria lungo le trincee che hanno reso tristemente celebre quel conflitto. È un coacervo indistinguibile di dialetti, in cui l’italiano è al massimo utilizzato dai pochi ufficiali e dal personale medico, mentre i soldati sono spauriti e spesso non hanno mai lasciato il loro paese. Come noto, fu attraverso il cameratismo in trincea della guerra che iniziò a “farsi l’Italia”, e soprattutto l’italiano, iniziando un percorso di avvicinamento di monadi fino a quel momento vissute in maniera indipendente, almeno parlando delle classi più popolari.
Sono proprio loro, la carne di macello, calabresi o sardi, siciliani o friulani, che occupano le corsie, spesso auto mutilandosi con la speranza di tornare a casa, invece che all’appuntamento inevitabile con la morte. È per loro che evidentemente simpatizza Gianni Amelio, per le loro anime semplici lanciate a uccidere altre anime semplici che parlavano un’altra lingua, mentre i vertici militari proseguivano le loro cene e i loro calcoli strategici per conquistare pochi metri in mesi di massacri. È proprio in quelle corsie che anche tre amici d’infanzia propongono un’applicazione diversa degli ordini della scienza imparata nella facoltà di medicina.
C’è Stefano (Gabriel Montesi), di famiglia molto in vista, pronto a una carriera politica nel dopoguerra, almeno nella speranza del padre, che non accetta alcuna “codardia” dai furbastri che cercano di farsi mandare a casa, che invece vengono subito individuati e rispediti al fronte. Poi c’è l’amico Giulio (Alessandro Borghi), molto più comprensivo e capace di immedesimarsi nelle paure dei soldati/pazienti. Infine Anna (Federica Rosellini), che è infermiera volontaria per la Croce Rossa, ma era fra le più brave a Medicina, che non ha mai finito. Come dice lei, “poi ho messo la testa a posto”. È particolarmente interessante il suo personaggio, donna costretta non solo dalla società del tempo, famiglia compresa, ma anche in prima istanza dalla propria assenza di autostima a sottovalutare le proprie qualità.
Un triangolo fatto di sfumature, in un contesto capace di mettere alla prova affetti e amore come quello di un conflitto, mentre si affaccia un morbo sconosciuto, che stimola Giulio, da sempre affascinato maggiormente dalla ricerca e dai laboratori, mentre l’Influenza spagnola darà modo agli stolti vertici militari di confermare la propria spietata indifferenza per soldati e popolazione, rivendicando invece riti e gerarchie sclerotizzate, interessati ben più a una divisa stirata al punto giusto che a questa nuova tragedia pronta a sconvolgere definitivamente l’Europa e il mondo. Nobili intenzioni, impeccabile ricostruzione, Campo di battaglia riesce a scuotere lo spettatore, pur in un contesto che non vola oltre il già visto.
- critico e giornalista cinematografico
- intervistatore seriale non pentito