Brooklyn: recensione del dramma con Saoirse Ronan scritto da Nick Hornby
La storia di una ragazza che lascia l'Irlanda per New York negli anni '50.
Nick Hornby conferma la natura non episodica del suo impegno nel cinema adattando "Brooklyn", romanzo del 2009 di uno dei maggiori scrittori irlandesi contemporanei: Colm Tóibín.
Ambientata nel suo paese natale, Enniscorthy, nella contea di Wexford, Irlanda sudorientale, è la vicenda di una ragazza, Eilis, che nei primi anni ’50 parte per New York, lasciando una vita senza prospettive lavorative, la madre e una sorella, per un lavoro sicuro e la speranza di un futuro. Una storia come tante e profondamente attuale, una delle milioni passate attraverso Ellis Island, con la paura della prima volta lontani dalla famiglia, l’eccitazione dell’ignoto, la speranza di un futuro in un posto in cui sentirsi presto di nuovo a casa. Per Eilis l’emigrazione coincide con la fine dell’adolescenza, con la scoperta dell’amore e di persone come lei alla ricerca della propria pioneristica conquista di una terra vergine.
Brooklyn è una storia lineare, un melodramma senza scene madri, né perfidi antagonisti che si frappongono fra l’eroina e la felicità. Si concentra su Eilis, sulle sue scelte e sulla capacità di conquistare coraggio dall’esperienza, dai naturali ostacoli posti sul cammino dalla vita. Niente datori di lavoro inumani o colleghe invidiose, anche il ragazzo che conosce a un ballo della parrocchia - a proposito, anche il prete è adorabile - non si dimostra un alcolizzato pronto a picchiarla. Semmai viene da un altro mondo come lei, è italoamericano, minoranza da imparare a conoscere. Manhattan capitale del mondo, con i suoi grattacieli e le ultime tendenze, è oltre il fiume. A Brooklyn vivono quelli appena arrivati, prendendo il testimone dai coraggiosi lavoratori che si sono spaccati la schiena per dare forma al sogno futuristico della grande mela. Emarginati ormai rimasti soli, senza radici in Europa.
Come ogni lutto anche partire necessita di un percorso difficile di elaborazione: lasciarsi il passato alle proprie spalle vuol dire rimanere sospesi in un limbo, in mezzo all’Atlantico, in cui inizia a svanire il legame speciale con la terra che si lascia e quella che ci accoglie non la si riconosce ancora come casa. Sarà il primo ricordo importante senza radici nel passato, ma costruito con fatica e per una volta lasciandosi andare, a regalare a Eilis il primo passo nell’età adulta.
La mano di Hornby la si nota nei molti momenti di alleggerimento comico, divertenti variazioni che prendono in giro i luoghi comuni del cinema d’emigrazione. Notevole la carrellata di volti che Brooklyn regala: oltre alla matura interpretazione della sempre convincente Saoirse Ronan, qui finalmente alle prese con il suo vero accento, toccano il cuore la madre di Eilis, Jane Brennan, i giovani pretendenti Emory Cohen e Domhnall Gleeson, oltre alla esilarante Julie Walters.
- critico e giornalista cinematografico
- intervistatore seriale non pentito