Blackberry: la recensione del film sull'ascesa e il crollo di uno smartphone in concorso alla Berlinale

18 febbraio 2023
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Presentato in concorso a Berlino, Blackberry racconta la storia dell'improbabile ma dirompente ascesa di una nuova tecnologia e il suo improvviso crollo fra ironia e tensione da thriller. La recensione di Mauro Donzelli.

Blackberry: la recensione del film sull'ascesa e il crollo di uno smartphone in concorso alla Berlinale

Altro che garage in California, un primo piano di lamiera e amianto a Hamilton, Canada. La storia delle innovazioni tecnologiche a cavallo fra il secolo scorso e quello che viviamo è piena di improbabili nerd capaci di rivoluzionare la nostra vita quotidiana, e conseguentemente i mercati. I pionieri dell’ossessione per le start-up di oggidì, che prima di The Bing Bang Theory dimostravano la fertile ibridazione fra masticatura di cultura pop, fumetti, videogiochi, cinema e quant’altro con le prospettive economiche. Il Canada è da sempre il cugino simpatico degli Yankee, come i belgi per i francesi.

Anche per questo esiste questa storia (reale) di ascesa vertiginosa - mai come il crollo verticale improvviso, ma dalle motivazioni ben chiare - di Blackberry. Che poi, il nome dell’azienda è sempre stata RIM, Research in motion, ma per molti anni, fra anni ’90 e primi ’00, Blackberry ha rappresentato, soprattutto al di là dell’Atlantico, un cambiamento radicale nell’utilizzo del cellulare, capace a quel punto di consentire di scrivere e ricevere lunghe mail grazie a una tastiera ben fatta, fisica, e un sistema di server capace, per primo, di far arrivare ogni messaggio in tempo reale. 

Ma chi c’era dietro a tutto questo? Ce lo racconta questa storia, fra satira e success story, che non poteva che venire dalla terra dell’acero. Il regista, Matt Johnson, si è ritagliato il ruolo del più nerd dei nerd, il quale insieme al suo migliore amico, il vero cervello e proprietario della società, ha costruito la base di innovazione tecnologica dell’azienda nascente. Lo interpreta Jay Baruchel, fin troppo caratterizzato, fra capelli e trucco, per segnare la cesura cruciale, il passaggio dall’ingegnere taciturno, incapace di urlare e figuriamoci se licenziare qualcuno o battere i pugni quando serve, e quello degli ultimi tempi, in cui la sua ossessione diventa capriccio e l’ostinazione nel non cedere alla rivoluzione del touchscreen lanciata da iPhone che ha portato in un attimo il Blackberry alla rovina, dopo una rapida agonia. La mora soppiantata dalla mela.

Proprio il racconto di un precursore troppo legato alla sua innovazione per cogliere il cambiamento dei tempi, passando dal nuovo che avanza al vecchio che si ostina e conserva, rappresenta l’elemento più interessante di questo buffo film, insieme alle radici canadesi e periferiche di questa contro storia tecnologica lontana migliaia di chilometri dalla Silicon Valley. Un disincanto che non riesce però a superare neanche Johnson, proprio come il suo protagonista, rimanendo legato al tono pionieristico - e a un abuso di camera a spalla - e mancando il cambio di ritmo nel racconto dell’umano oscillare fra successo e fallimento. Rimane in quella sala open space piena di riferimenti a Star Wars e al gaming, fra movie night, canotte colorate, bermuda e infradito.

Genio e applicazione pratica capace di un tornaconto economico e sociale, la comunicazione in radicale cambiamento. Sono i temi affrontati da Blackberry, che con una certa efficacia a tratteggiare l’ossessione per la perfezione del protagonista, rappresentato da un costante rumore bianco a tormentarlo quando qualcosa non quadra. Meno efficace la solita irruzione del vile interesse pecuniario, di un socio che coglie con lungimiranza la portata del loro prototipo, venendo dalla bruta lotta imprenditoriale. Urla e pretende, con un’arroganza a sopperire all’eccessivo garbo del suo CO-CEO. Quando emerge la mela del peccato che corrompe nell’Eden, i compromessi e le tentazioni che rovinano l’uomo, allora Blackberry torna comune, standard e fiacco.



  • critico e giornalista cinematografico
  • intervistatore seriale non pentito
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