A Classic Horror Story: recensione dell’horror Netflix di Roberto De Feo e Paolo Strippoli

01 luglio 2021
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Con a Classic Horror Story Roberto De Feo e Paolo Strippoli rendono omaggio al cinema dell'orrore anni Settanta e Ottanta e pescano nel folklore del Sud Italia per avvertirci che la realtà fa più paura di qualsiasi finzione. Nel film, targato Netflix, recita un'intesa Matilda Lutz.

A Classic Horror Story: recensione dell’horror Netflix di Roberto De Feo e Paolo Strippoli

Sulla maglietta di uno dei personaggi di A Classic Horror Story, per la precisione il nerd del gruppo, c'è scritto "spoiler", a ricordare a chi ha visto il film di Roberto De Feo e Paolo Strippoli che al cinema spoilerare è peccato mortale, e siccome il twist dell'horror targato Netflix è davvero sensazionale, non potremmo farlo e non lo faremo. Quello che invece possiamo fare, prima di dire la nostra su questa classica storia dell'orrore, è che il film andrebbe visto su uno schermo il più grande possibile, perché non siamo nel territorio del b-movie o del prodotto low-budget, ma di un'opera curatissima e raffinatissima in cui le immagini non hanno meno importanza dei suoni, e il rosso del sangue e delle lingue mozzate attira lo sguardo di chi è seduto inerme in una poltrona al buio come carta moschicida, per poi traumatizzarlo a dovere.

Come recita e annuncia il titolo, A Classic Horror Story è e vuole essere una summa non solo del miglior cinema horror degli anni Settanta e Ottanta, a cominciare da La casa di Sam Raimi e Non aprite quella porta di Tobe Hooper, ma anche un'enciclopedia delle insidie, dei cliché, delle sorprese, dei luoghi di morte, delle sevizie e anche dei classici personaggi di un genere narrativo di cui conosciamo ormai trucchi e trucchetti e che forse è ancora quello più in voga, perché continua a essere lo specchio delle nostre paure più profonde. I registi questo lo sanno, e ci prendono spudoratamente in giro facendoci intuire chi morirà per primo dei 5 carpooler che si ritrovano in mezzo al nulla, regalandoci due ragazze dalle gambe lunghe e il looser di turno, suggerendoci chi delle due diventerà la scream queen e portandoci in una fitta foresta e in una casa dove le torture e i culti raccapriccianti sono all'ordine del giorno. Volutamente De Feo e Strippoli fanno dei loro sprovveduti ragazzi (o meglio di alcuni di loro) carne da macello, e la prevedibilità del plot forse sconcerta l'appassionato di assassini e di carneficine, che tuttavia, intuendo che ci sarà certamente dell'altro, non può non ammirare l'estetica della rappresentazione.

Roberto De Feo lo conoscevamo da The Nest - Il Nido, interessante film dove la tensione era nelle atmosfere cupe di una villa-prigione. Anche la piccola magione abbandonata di A Classic Horror Story è spaventosa: perché somiglia perfino a una chiesa, perché le pareti interne in rosso la fanno sembrare una ferita aperta e perché, quando appare, si sente in sottofondo "Era una casa molto carina", una canzoncina che i più grandicelli avranno certamente cantato da bambini. E’ proprio in questa strana dimora che operano non Jason, Leatherface e Freddy (o delle loro versioni aggiornate), ma tre individui ben più "anziani": Osso, Mastrosso e Carcagnosso. Ebbene sì, De Feo e Strippoli vanno a pescare nel folklore italiano, recuperando la leggenda sui tre fratelli imprigionati a Favignana che Roberto Saviano ama chiamare in causa per spiegare l'origine della Mafia, della 'Ndrangheta e della Camorra. Ecco dunque che, tramite queste figure, il film scarta il soprannaturale e insiste su una realtà che è ben più raccapricciante di qualsiasi finzione, e quindi sul male commesso dall'uomo e perpetrato per secoli, oltre che sulla spettacolarizzazione del dolore e sul voyeurismo di chi esorcizza i propri timori contemplando le altrui tragedie. Attenzione, però, non siamo nel territorio del film di Mafia, e i vari sacrifici umani vanno sempre di pari passo con l'ironia. Poi arriva la sorpresa, e il film si ribalta, e allora emerge con prepotenza la genialità di una sceneggiatura che partiva in sordina per poi diventare potente, perfino dissacratoria.

A Classic Horror Story è un film solo per appassionati di horror? Certo è un divertissement per i cultori del genere, che si troveranno anche a ridere della loro sterminata competenza. Tuttavia, per chi non ama squartamenti e occhi cavati dalle orbite, c'è molto su cui riflettere e amareggiarsi. Se dobbiamo paragonare il film a The Nest - Il Nido, è al secondo che va la nostra preferenza: per la tridimensionalità dei personaggi, l'aura malinconica che avvolge piccolo protagonista e per la favolosa e tetra ambientazione, oltre che per un’inquietudine che a fine visione ci restava addosso. Qui, oltre ad ammirare Matilda Lutz, bella e intensa, ci siamo svagati e gustosamente meravigliati, ma non ci portiamo dietro quell'incanto e quel sogno che sono la più straordinaria conseguenza della sospensione dell'incredulità.



  • Giornalista specializzata in interviste
  • Appassionata di cinema italiano e commedie sentimentali
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