7 donne e un mistero: la recensione della commedia gialla al femminile

21 dicembre 2021
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7 donne e un mistero, rilettura di Alessandro Genovesi di una pièce di Robert Thomas e di un film di François Ozon, alleggerisce ritmi e toni ma pecca di qualche ingenuità. La recensione di Daniela Catelli.

7 donne e un mistero: la recensione della commedia gialla al femminile

Nel 1958 il drammaturgo francese Robert Thomas scrisse la pièce teatrale Huit femmes, in cui otto donne, chiuse in una casa senza possibilità di uscirne, si trovavano a scoprire i propri segreti per risolvere il caso dell'omicidio del capofamiglia nella sua stanza da letto, alla vigilia di Natale. Nel 2002 François Ozon ne trae un film, 8 donne e un mistero, con alcune delle migliori attrici francesi (Danielle Darrieux, Catherine Deneuve, Isabelle Huppert, Emmanuelle Béart, Fanny Ardant, Virginie Ledoyen e Ludivine Sagnier), in cui accentua la cattiveria del testo e sottolinea il tema delle attrazioni omosessuali, interrompendo qua e là la narrazione con numeri musicali non indimenticabili. Non si tratta a parer nostro di uno dei film migliori del regista francese, che abbiamo volutamente rivisto, visto che sono passati quasi 20 anni dalla sua uscita. Detto questo, ci sembra ingeneroso affermare che 7 donne e un mistero, la versione di Alessandro Genovesi e della sua co-sceneggiatrice Lisa Nur Sultan (che fa confluire in un'unica donna di servizio due personaggi degli originali senza che la storia ne risenta minimamente) sia un remake vero e proprio del film di Ozon, perché se ne distacca molto, pur restando fedele alle battute del testo e lasciando ai personaggi gli stessi nomi, ovviamente in versione italiana. Se non appare molto significativo, se non esteticamente, il cambiamento dell'ambientazione temporale dagli anni Cinquanta agli anni Trenta, la storia è resa più divertente sfruttando maggiormente le sue potenzialità comiche ed emerge con più evidenza la struttura di giallo alla Agatha Christie, grazie anche all'utilizzo della musica e dell'ambientazione, uno splendido palcoscenico in cui oggetti, costumi e acconciature diventano parte integrante dell'azione.

E soprattutto il film ha la pregevole durata di 82 minuti, un minutaggio più che sufficiente per rappresentare un atto unico in modo più stringente e vivace. Quello che meno convince in un'operazione onesta e gradevole, perfetta per un pomeriggio natalizio al cinema, è a parer nostro l'ingenuità di dare un sottofinale che è una sorta di inno alla solidarietà femminile a quello che è un testo sicuramente antiborghese ma soprattutto (siamo nel 1958, prima delle grandi lotte femministe) molto misogino. Le otto o sette donne protagoniste infatti sono tutte pessime e il capofamiglia, Marcello, l'uomo chiuso nella stanza, non viene pianto veramente da nessuna. Superata la paura iniziale che l'assassino sia un estraneo ancora in mezzo a loro, inizia tra loro il gioco al massacro di insultarsi a vicenda e rinfacciarsi difetti, segreti e motivi nascosti. In questo senso il testo dipinge un microcosmo femminile arido, opportunista e un po' perverso (nella versione di Ozon la figlia Susanna è addirittura incinta di Marcello) in cui non si salva proprio nessuno. È dunque difficile immaginare un patto di solidarietà tra queste donne tanto arriviste e ciniche, a meno che non sia per motivi di interesse. Se non fosse che si tratta di una storia al femminile, potrebbe essere una variante francese del Parenti Serpenti di Mario Monicelli.

Tra gli altri cambiamenti al testo c'è la trasformazione della sorella di Marcello (Fanny Ardant nell'originale, Micaela Ramazzotti in questo) che diventa qua una sua ex fiamma, anche se mantiene le caratteristiche di spregiudicatezza del personaggio. Per la nonna, nell'originale interpretata dalla veterana Danielle Darrieux, all'epoca 85enne), Genovesi ha scelto Ornella Vanoni, che di anni ne ha 87 e a parer nostro ha fatto bene. Al cinema la grande cantante è apparsa poco, anche se è stata diretta da Ugo Tognazzi ne I viaggiatori della sera, ma la sua stessa storia e personalità la rendono spontanea e credibile nel ruolo (forse con qualche “che palle” di troppo). Tutte più o meno in parte le protagoniste, da Margherita Buy a Luisa Ranieri, da Sabrina Impacciatore e Micaela Ramazzotti alle più giovani Benedetta Porcaroli e Diana Del Bufalo: di meglio non c'era, ha detto Genovesi sicuramente con l'intento di far loro un complimento, e non ha senso a nostro avviso fare confronti con le loro colleghe d'oltralpe, impegnate come abbiamo detto in un lavoro di tono molto diverso. A ben pensarci, il cinema italiano è pieno di film in cui le donne hanno spesso solo ruoli di contorno rispetto a cast di complici, amici, nemici esclusivamente maschi, e in questo senso 7 donne e un mistero potrebbe essere un esempio da seguire, magari partendo da storie originali.



  • Saggista traduttrice e critico cinematografico
  • Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità
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