The Studio: la nostra intervista a Seth Rogen, Evan Goldberg e James Weave
In occasione dell'uscita della nuova serie comedy che prende di mira l'industria del cinema, abbiamo parlato coi suoi creatori, registi e produttori. Oltre che degli spunti per la serie e dei cammei prestigiosissimi che la costellano, abbiamo anche parlato dello stato di Hollywood al giorno d'oggi.

Succede, all’inizio di The Studio, che Matt Remick, un produttore quarantenne che lavora per una major di finzione, i Continental Studios, venga messo dall’eccentrico CEO dell’azienda a capo della produzione, al posto della donna che è stata per anni sua mentore e amica e che è stata appena licenziata. A provocare il licenziamento della donna, il suo rifiuto di mettersi al lavoro su un film basato sul Kool-Aid Man, mascotte pubblicitaria di una nota bevanda in polvere: un po’ come dire fare un film sul coniglietto del Nesquik, o sul Carletto dei Sofficini. Ovviamente la condizione chiave per far sì che Matt possa occupare il posto dei suoi sogni è dire sì a questo progetto: cosa che fa a malincuore, lui che sogna di poter mettere da parte questi film giocattolo basati sulle cosiddette "proprietà intellettuali" e ricominciare a produrre "prestige film", ovvero film di qualità. Altrettanto ovviamente, le cose non saranno così facili.
Da qui in avanti, per dieci episodi di lunghezza variabile a loro modo autoconclusi, ma che comunque raccontano un’unica storia, The Studio prende in giro manie, tic, luoghi comuni, tendenze e problematiche della Hollywood contemporanea: a partire appunto dalla divisione tra film d’autore e film da botteghino fino ai difficili equilibri legati a correttezza politica, inclusività e tutto ciò che il trumpismo sta cercando di cancellare, passando per l’ego degli autori (e non solo), le rivalità professionali, i festini a base di droga, le serate dei premi, la concorrenza dello streaming e molto altro ancora.
Dietro a The Studio, che debutta in streaming su Apple TV+ mercoledì 26 marzo, c’è la coppia creativa formata da Seth Rogen e Evan Goldberg, ideatori della serie, head writers e registi di tutti gli episodi, oltre che produttori esecutivi assime a James Weave (e Rogen ovviamente è anche attore protagonista).
The Studio: il trailer ufficiale della serie
La nascita del progetto
Abbiamo incontrato Rogen, Goldberg e Weave online, per parlare di questa divertentissima serie, e la prima cosa che gli abbiamo chiesto è stata se ci fosse stato un singolo evento che gli abbia dato lo spunto per un progetto che prendesse in giro l’industria del cinema.
"Sì, c’è stato un evento scatenante", ha raccontato Goldberg. "Quando io e Seth eravamo agli inizi, c’era un film che cercavamo di realizzare, e abbiamo fatto un pitch di presentazione, e mentre parlavano il produttore cercava di prestare attenzione, ma poi si è messo le mani nei capelli. Gli abbiamo chiesto cosa di fosse che non andasse e lui ha risposto: ‘Sono entrato in questo settore perché amo i film, e ora sento che il mio lavoro è rovinarli’ [battuta messa poi in bocca a uno dei personaggi della serie, n.d.r.]. È stato un momento molto significativo e molto deprimente perché avevamo bisogno di quel lavoro, che poi non abbiamo avuto. Quell'uomo è diventato un produttore di successo e il capo di uno studio. Quello è stato il momento chiave. È successo 15, 18 anni fa, molto tempo fa, ma ci è sempre rimasto impresso nella mente. Negli ultimi anni, poi, ci siamo chiesti che tipo di progetto avremmo potuto realizzare a Los Angeles, dove volevamo girare qualcosa. E cosa conosciamo? Che esperienza di vita possiamo portare in un progetto? E poi Seth ha pensato: e se interpretassi il capo di uno studio?".
Da allora in avanti, Rogen e Goldberg hanno avuto molti meno problemi a ottenere la luce verde sui loro progetti, e l’industria ha continuato a trasformarsi. Ma secondo loro loro, da allora, Hollywood è migliorata o peggiorata? "Ci sono stati alti e bassi, tutto dipende dal tuo punto di vista", ha detto Rogen, e anche Goldberg ha commentato di non saperlo dire con certezza. "Abbiamo avuto l’idea di questa serie durante il COVID", ha proseguito Rogen, "e gli scioperi sono iniziati proprio quando stavamo per iniziare le riprese: due eventi sismici di un certo rilievo per il settore. Ma nello stesso periodo sono usciti Barbie e Oppenheimer, due di quei film che la gente pensava appartenessero al passato, questi giganteschi e monolitici eventi culturali, in un momento in cui la gente pensava che i film non fossero più rilevanti e che fosse tutto finito. E invece sono successe cose che ci hanno dimostrato che i film possono essere ancora rilevanti".
Hollywood non è poi così male
Il ritratto dell'industria hollywoodiana fatto in The Studio è spesso esilarante, preciso e spietato, da alcuni punti di vista, ma mai cinico o crudele. E su Hollywood e i suoi meccanismi se ne dicono da decenni di tutti i colori. Rogen e soci hanno mai pensato che la loro ricostruzione potesse essere troppo "morbida" e che le follie che accandono davvero siano ancora più estreme di quelle che loro hanno raccontato?
"Noi abbiamo prodotto The Interview, e credo che niente sia così folle come quell'esperienza", se la ride James Weave. "Credo che la gente che la pensa così abbia un punto di vista sull'industria più cinico del dovuto, e che non presti davvero attenzione al conflitto emotivo vissuto dalle persone che la popolano", aggiunge Rogen. "Magari la gente pensa che a Hollywood ci sia gente che non ha a cuore il cinema e che si trova per qualche motivo a capo di uno studio, ma le cose non stanno così". "Ne parliamo spesso", interviene Goldberg. "La gente pensa che Hollywood sia piena di gente cinica e che gli studio pensino solo ai soldi, ma l'avete mai vista la gente della finanza? Quelli sì che sono dei cinici che pensano solo al denaro. La maggior parte delle persone che lavorano a Hollywood amano il cinema, i film, sono appassionati: è negli altri settori che trova gente che vuole solo denaro a ogni costo. Penso che a Hollywood ci siano tante persone che tengono a quello che fanno".
"Ci vuole una grande passione per farsi strada nell'industria hollywoodiana, se non ce l'hai non fai strada. È una delle cose che volevano raccontare con questa serie: che questa non è una città composta interamente da cinici arraffasoldi", riprende Rogen. E se Goldberg chiosa che magari un po’ ce ne sono, l’amico risponde che "ce ne sono un sacco: stavo appunto dicendo che è una città che poche persone di quel tipo hanno un grande potere, ma molte persone non pensano affatto in quel modo".
Apparizioni di lusso
The Studio, attraverso il personaggio di Matt, racconta benissimo quanto Rogen e Goldberg esprimono a parole, raccontando un produttore magari un po' cialtrone, magari un po' codardo, ma animato da una sincera passione e di oneste intenzioni di fare il meglio possibile per il cinema e i film, in maniera goffa ma spesso anche molto tenera.
Al fianco di Rogen, che interpreta Matt, oltre ai cast dei personaggi fissi, composto da attori come Catherine O'Hara, Ike Barinholtz, Chase Sui Wonders e Kathryn Hahn (con l'aggiunta di Bryan Cranston che appare ogni tanto nel ruolo del CEO), The Studio piazza una serie di guest star da far girare la testa, nomi importantissimi del cinema americano che si sono prestati a interpretare loro stessi. Ne cito alcuni, in ordine di apparizione: Paul Dano, Peter Berg, Nick Stoller, Martin Scorsese, Steve Buscemi, Charlize Theron, Sarah Polley, Ron Howard, Anthony Mackie, Dave Franco, Olivia Wilde, Zac Efron, Johnny Knoxville, Ice Cube, Zoe Kravitz, Aaron Sorkin e Ted Sarandos (il patron di Netflix).
Ci sono state alcune persone, ha spiegato Goldberg, che sono state contattate ma non se la sono sentita di recitare nel ruolo di sé stesse. Altre, ha aggiunto Rogen, non sono riuscite a partecipare per problemi di agenda, “ma spero di riuscire a portarle nella serie in futuro”, ha detto, facendo presagire perlomeno l’intenzione di realizzare una seconda stagione di The Studio. "Abbiamo voluto creare dei veri e propri personaggi, non dei semplici cammei, e credo sia stato questo a convincere molte persone a partecipare. Non si trattava solo di apparire in quanto persone famose, ma di interpretare un vero personaggio, con una sua storia specifica", ha spiegato James Weave.
E oltre alle storie di questi personaggi, The Studio presenta anche dei loro film immaginari, ognuno con il suo stile e la sua storia. "È stato difficile", confessa Rogen. "Abbiamo dovuto inventare trame che magari non erano completamente sviluppate come quelle di un vero film, ma che a sentirle raccontare avevano tutti gli ingredienti di un vero film. Volevamo fossero credibili, in linea coi personaggi che coinvolgono, e con il genere di film che normalmente realizzano. Ma è stato anche molto divertente, anche perché quando giravamo le scene di questi film finti le giornate sul set erano molto diverse da quelle normali, in cui abbiamo mantenuto lo stile unico e caratteristico che abbiamo voluto per tutta la serie. Fare entrambe le cose è stato molto divertente".
Largo ai sognatori
Per tornare all’inizio di The Studio, buona parte della serie di basa sulla dicotomia tra film di qualità e film da botteghino. Chiedo allora a Rogen e soci se pensano che oggi sia possibile ricomporre questa divisione dell’industria, e se magari questa serie è il loro piccolo tentativo di farlo.
"Oppenheimer è un perfetto esempio di film capace di tenere assieme le due anime. Si fanno di continuo film di quel genere. Succede", dice Rogen, e se gli rispondo che non succede tanto spesso, Goldberg ribatte: "Ma sei un sognatore, e ci credi, ce la puoi fare".
"Non c'è mai stato un momento in cui l’aria che si respira a Hollywood ha fatto sentire che la cosa era impossibile", prosegue Rogen. "Le persone erano convinte di vivere nel momento più difficile di sempre per una cosa del genere, e poi è arrivato Oppenheimer. Il mio personaggio è molto ingenuo, ma si vede davvero come qualcuno che può da solo correggere la rotta dell'intera industria. Se sei qualcuno che crede davvero in sé stesso, Hollywood di dà modo di pensare che ce la puoi fare davvero. Un solo film può cambiare anni di precedenti. Forse non ci fosse stato Oppenheimer, e non avesse vinto tutti quegli Oscar, non parlerei così, ma è successo. Certo, viviamo in un mondo dove è sempre più difficile ottenere questo risultato, non siamo più ai tempi di Balla coi lupi o film del genere che incassavano tantissimo e vincevano tutti gli Oscar anno dopo anno, ma non è impossibile che accada. E quindi non è impossibile che si torni a quei tempi".
The Studio farà il suo debutto su Apple TV+ mercoledì con i primi due episodi dei dieci totali seguiti da un episodio ogni settimana, fino al 21 maggio.