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The Good Mothers, il coraggio delle donne calabresi nella serie Disney+ presentata alla Berlinale

Nella sezione Berlinale Series è stata presentata la serie italiana The Good Mothers in arrivo dal 5 aprile su Disney+. Un racconto delle coraggiose donne calabrese contro l’omertà della Ndrangheta. La parola a protagoniste e autori.

The Good Mothers, il coraggio delle donne calabresi nella serie Disney+ presentata alla Berlinale

La storia di tre donne e del loro coraggio di ribellarsi a un sistema arcaico che le schiacciava, a un maschilismo mafioso che ha reso la Ndrangheta l’organizzazione criminale più ricca e potente del nostro Paese, e non solo. The Good Mothers è una serie italiana firmata Disney+, in arrivo sulla piattaforma il 5 aprile, in sei episodi diretti da Julian Jarrold (suoi alcuni episodi di The Crown) e Elisa Amoroso. I primi due sono stati  presentati in serata a Berlinale Series. Basata sull’omonimo bestseller del giornalista Alex Perry, è adattato per lo schermo da Stephen Butchard ed è prodotto dall’inglese House Productions e l’italiana Wildside, una società del gruppo Fremantle.

Schierate tutte le convincenti protagoniste, in un incontro con la stampa nella cornice dello storico Hotel Adlon, a pochi passi dalla Porta di Brandeburgo. Gaia Girace (L’amica geniale) nel ruolo di Denise Cosco, Valentina Bellè nei panni di Giuseppina Pesce, Simona Distefano nel ruolo di Concetta Cacciola, con Micaela Ramazzotti nel ruolo di Lea Garofalo. Insieme a loro, non presenti a Berlino, Barbara Chichiarelli come Anna Colace, Francesco Colella nei panni di Carlo Cosco e Andrea Dodero in quello di Carmine.

È stato subito sottolineata l’importanza di fare da cassa di risonanza alla storia di tante donne, non solo in Italia, che sottostanno a una struttura patriarcale, “speriamo di dare amore arrivando a più persone possibili, in una realtà di violenza diretta sia fisica che psicologica”, come sottolinea Amoroso. “Un portato talmente forte che merita di diventare universale. Una magistrato ha cambiato tutto quando ha deciso di indagare sulle donne dei clan, dandole visibilità e aiutandole a intraprendere un percorso di denuncia, a renderle protagoniste. Una storia che non conoscevo nel dettaglio, pur essendo italiana. Ma non abbiamo voluto raccontare come al solito la mafia dal punto di vista degli uomini, ma da quello delle donne. La scelta iniziale di Julian di spazi angusti per girare ha aiutato a rappresentare bene le vere e proprie celle in cui vivevano, schiacciate dagli uomini”.

Quella che Jarrold definisce una struttura arcaica, “in storie incredibilmente vivide e drammatiche, per catturare lo spirito e vivere la realtà calabrese. Volevamo evitare di glorificare la violenza, spesso con un punto di vista maschile, con storie di mafia che presentassero una prospettiva nuova, con la violenza dietro l’angolo, di cui al massimo si vedono solo le conseguenze. Abbiamo cercato di mantenere il punto di vista della Good Mothers. Andando in Calabria abbiamo notato come ancora oggi sia un tema delicato”. 

A questo proposito, Valentina Bellè, veronese con un notevole accento calabrese nella serie (“sono state fondamentali le ripetizioni di Swamy Ruotolo e della famiglia”), ha rievocato come girando in Calabria abbia incontrato molte persone che ancora le dicevano che “la Ndrangheta non esiste, un viaggio straordinario e anche terribile per me, che mi ha molto colpito. Una signora mi ha detto che lo stato non esiste da loro, che sono stati abbandonati, senza sindaco, prete e spazzatura. Se cresci dove non esiste alternativa, qual è la verità? Non c’è discussione o certezza. Difficile rendersi conto dell’ambiente in cui si trovano, di quel sistema culturale, con il loro ruolo nella società. Chi si oppone è veramente un eroe. Va detto che anche il sistema di protezione, nelle storie che raccontiamo, ha fallito”.

Cresciuta e maturata dagli anni dell’esordio col notte ne L’amica geniale, Gaia Girace ha sottolineato come The Good Mothers permetta di “aprire gli occhi sulla Ndrangheta, sempre mostrata da un punto di vista maschile, fra armi, droga e soldi. Questa volta è femminile, con le donne vittime costrette a 16 anni a sposarsi, magari con un uomo che neanche conoscevano, piegandosi tutta la vita al volere dell’uomo. Ma loro si sono ribellate e molte di loro anche finite uccise. Spero che possiamo dare un messaggio di speranza. Denise, il mio personaggio, ha lottato per la giustizia, l’amore materno, contro l’omertà”.

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