The First: una serie per sognatori dello spazio come Sean Penn
La prima colonizzazione di Marte nella prima serie del grande attore americano.
Tutti guardano in alto, in The First. Tutti si domandano senza dirlo se valga veramente la pena di iniziare un insediamento stabile su Marte, di calpestarne per la prima volta il terreno, con l’obiettivo di gestire una Terra con quasi un miliardo di migranti ecologici. Siamo negli anni 2030, in un mondo che non somiglia per niente al filone post apocalittico, anzi, la nuova serie televisiva di Hulu, in arrivo dal 19 dicembre in otto episodi su TIMvision, due dei quali anche stasera 18 dicembre al cinema per Nexo, è ambientata in una campagna florida, verde e blu, fra fiumi e prati, seguendo la preparazione quotidiana del gruppo di astronauti incaricato di lanciarsi dalla Florida verso il pianeta rosso.
La NASA nel frattempo ha ceduto la fare operativa del lavoro spaziale a un’azienda privata, guidata da un’algida, efficiente scienziata, Laz Ingram, interpretata da Natascha McElhone, un bel ritorno, insieme al leader della missione, il comandante Tom Hagerty, poi messo da parte, a cui presta un fisico certo non da sessantenne e i turbamenti consueti Sean Penn. Un primo assaggio di serie televisiva, per lui, che presto tornerà a recitare per lo streaming e si conferma capace di catalizzare l’attenzione dello spettatore con il suo carisma. In questo caso la sua vicenda personale è quella più intensa; già una prima volta ha contribuito a rovinare il suo sogno di avventurarsi su Marte, dopo essere stato celebre pioniere della nuova esplorazione sulla luna, una seconda volta sarebbe l’ultima, ma per lui la priorità è la figlia, che dopo la morte della madre si è lasciata trascinare nella spirale della tossicodipendenza.
The First indugia sul prima, più che (ancora) sulla missione o sui suoi risvolti seguenti. Entra nella quotidianità di un gruppo ristretto di persone, la cui vita verrà per forza di cose sconvolta dall’avventura più importante nella storia dell’umanità. Chiaramente debitrice alle sollecitazioni sensoriali e filosofiche di Arrival di Villeneuve, più che alla fantascienza tradizionale, chiede allo spettatore di allinearsi al suo respiro regolare, accumulando una tensione sempre crescente, giocando sul filo fra vita e morte, come sempre quando si parla di viaggi spaziali, ponendosi domande ancestrali, connaturate alla stessa natura di un’umanità che esce dalla sua grotta, che alza gli occhi verso le profondità del cielo, senza paura di sacrificare la vita per un bene supremo, collettivo, che possa far superare le violenze ambientali inflitte alla Terra. Elegante e coinvolgente, eccede in qualche deriva estetizzante, specie negli episodi diretti da Deniz Gamze Ergüven, ma riesce a delineare con poche pennellate lo spirito cameratesco di chi partirà e le incrinazioni nei rapporti con chi resterà.
Il creatore di House of Cards, e sceneggiatore delle stagioni d’oro, Beau Willimon, è l’autore della serie, che è diretta - due episodi a testa - da Agnieszka Holland, Daniel Sackheim, Deniz Gamze Ergüven e Ariel Kleiman.
L’atmosfera è uno dei punti di forza della serie, fra interni minimalisti fatti di legno, vetro e acciaio, e una campagna verde nel corso di giornate piene del sole del sud. Un futuro di pochi anni che è delineato molto bene, con qualche lavoro di ulteriore miniaturizzazione degli oggetti tecnologici e una verosimile maggiore presenza dei comandi vocali nella vita di tutti i giorni. Un mondo vagamente più spersonalizzato, in una serie che mette invece al centro proprio i rapporti personali, la ricaduta sugli affetti di questi eroi quotidiani di una vita dedicata a un sogno che inusitatamente sta per avverarsi: partire per la colonizzazione interplanetaria. Al centro c’è la più austera e algida di tutte, Laz Ingram, che intraprenderà invece un percorso inverso, di umanizzazione, anche passando attraverso errori e fallimenti, mentre i suoi umanissimi astronauti, man mano che ci si avvicina il gran giorno, fanno emergere l’egoismo di chi non ha intenzione di sacrificare un sogno per il proprio compagno o la propria madre. Anche qui, al di sopra e nel mezzo, il Tom Hagerty di Sean Penn, che farà dipendere ogni sua decisione dalla volontà della figlia.
Chi non ha sognato in una notte di luna piena affacciato nella natura, o si è lasciato andare al tramonto al pensiero più grande di lui di cosa ci sia realmente là sopra, per poi rimanere travolto dalle implicazioni di ogni possibile risposta? The First piacerà proprio a chi ancora vede lo spazio come un sogno e l’avventura verso altri pianeti come la più romantica delle fughe.