Squid Game 3: Perché Gi-hun se l’è presa con il giocatore 388? La spiegazione
Hwang Dong-hyuk, ideatore di Squid Game, ha raccontato perché Gi-hun se l'è presa con il giocatore 388 dopo il fallimento della rivolta.

Squid Game ha riacceso l’entusiasmo del pubblico diventando rapidamente il titolo più chiacchierato del momento. La terza stagione ha cercato di offrire qualche risposta e disseminato ulteriori dubbi e teorie. Una delle domande più importanti che ha accompagnato la prima parte della terza stagione riguarda la reazione di Gi-hun dopo il fallimento della ribellione. Una volta tornato insieme a tutti gli altri, il protagonista si è accanito nei confronti di un altro giocatore, Dae-ho, che a suo dire avrebbe voltato le spalle a tutti condannandoli a morte. Ma perché è convinto che sia stata colpa sua? Ad affrontare la questione è stato l’ideatore della serie tv Hwang Dong-hyuk.
Squid Game, l’ideatore spiega perché Gi-hun se l’è presa con il giocatore 388 dopo la ribellione fallita
La seconda stagione di Squid Game ha posto tutta l’attenzione sul moto ribelle di Gi-hun, tornato dai giochi con l’intenzione di distruggerli dall’interno, tentando di sabotarli e di guidare persino una squadra ribelle contro l’organizzazione. Quella rappresaglia non è finita nel migliore dei modi. Gi-hun ha perso il suo più caro amico, giustiziato dalla mano del Front Man, e una volta riportato di forza dagli altri giocatori Gi-hun ha cominciato a manifestare una sorta di odio nei confronti del giocatore 388. Quest’ultimo, durante la sparatoria ribelle, era tornato indietro per raccogliere delle munizioni ma non ha avuto il coraggio di rilanciarsi nella mischia, pietrificato all’idea di morire. Quella sua decisione ha fatto sì che agli occhi di Gi-hun diventasse colpevole, responsabile del fallimento dello scontro armato. E, per questo, l’ha preso di mira durante il penultimo gioco a nascondino, uccidendolo. Quello è stato probabilmente uno dei momenti più oscuri di Gi-hun all’interno degli Squid Game e l’ideatore Hwang Dong-hyuk ha condiviso qualche dettaglio in più sulla caccia a Dae-ho da parte di Gi-hun. Ai microfoni di The Hollywood Reporter ha raccontato:
Alla fine della seconda stagione, la ribellione fallisce. Perde le persone con cui si era ribellato, incluso, ovviamente, il suo migliore amico. Ma volevo scavare ancora più a fondo nella terza stagione. Il processo dell'arco narrativo di Gi-hun, in cui l'immenso senso di colpa che si porta dietro e tutta quella tragedia attraverso la ribellione, lo consumano completamente e non ce la fa più. Quindi proietta quell'immenso senso di colpa su questo personaggio, Dae-ho [Giocatore 388], che non è tornato con le munizioni [durante la ribellione]. Gi-hun lotta per sfuggire a questo immenso senso di colpa e questo lo porta, come si vede [nell'episodio due] a uccidere qualcuno per la prima volta, a causa del suo senso di colpa. Questo significa che ora c'è del sangue nelle mani di Gi-hun. Commette un peccato originale inconciliabile.
Quella prima uccisione avvenuta per mano sua è stato un momento cruciale nell’arco narrativo di Gi-hun, a detta dell’ideatore: “Quindi, descrivere e scrivere il processo di quell'arco narrativo in cui Gi-hun si trova in quello stato e come ne esce? Quella è stata la sfida più grande. È stata la difficoltà più grande per me. Per quanto riguarda ciò che ho elaborato, spero che dopo aver visto l'intera serie, il pubblico capirà e sosterrà la conclusione”.