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Da Supersex a M. Il figlio del secolo: il filo che unisce le due serie (la prima su Netflix, la seconda in autunno su Sky)

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Con il ruolo di Development Supervisor, la sceneggiatrice Francesca De Lisi spiega il lavoro svolto sulle due produzioni che raccontano una la vita di Rocco Siffredi e l'altra la vita di Benito Mussolini.

Da Supersex a M. Il figlio del secolo: il filo che unisce le due serie (la prima su Netflix, la seconda in autunno su Sky)

È molto probabile che abbiate visto la serie Supersex, come è molto probabile che vedrete la serie M. Il figlio del secolo.
L'istinto e la logica non ci suggeriscono di considerarle come appartenenti allo stesso pianeta, trattando una la vita di Rocco Siffredi e l'altra quella di Benito Mussolini. Il genere narrativo, però, è la prima cosa che le accomuna: sono serie drammatiche e storico-biografiche e raccontano l'ascesa di due figure che non sono certo passate inosservate, nemmeno a livello internazionale. Poi, riflettendoci meglio, anche sesso e potere non sono per niente mondi distanti. Ma c'è un altro aspetto importante. Anzi, il più importante. E non riguarda i protagonisti Alessandro Borghi/Siffredi e Luca Marinelli/Mussolini, 37 e 39 anni, trai più incisivi interpreti della loro generazione che hanno lavorato insieme in Non essere cattivo e Le otto montagne.

Le serie, nostra fonte di intrattenimento che giudichiamo spietatamentementre mentre accovacciati sul divano mangiamo e beviamo, sono frutto del lavoro di centinaia persone con specializzazioni diverse. In questo caso, all'origine di Supersex e di M c'è la società The Apartment Pictures, che per entrambe le produzioni "si è assunta un rischio con la consapevolezza di andare scontentare qualcuno", dice la sceneggiatrice Francesca De Lisi che ha ricoperto il ruolo di development supervisor.

Supersex: certezze sulla seconda stagione? Intanto ci si pensa

La conversazione con Francesca De Lisi avviene nel contesto di Incontri #13, una serie di appuntamenti annuali organizzati dalla IDM Südtirol - Alto Adige per promuovere il territorio e invitare le società a portare le proprie produzioni audiovisive tra le Dolomiti. Nel corso di un panel specifico sul suo lavoro, De Lisi ha raccontato la genesi e lo sviluppo di Supersex, da alcuni giorni disponibile su Netflix. Con una chiacchierata successiva all'incontro, c'è la possibilità di approfondire il discorso. "Non vogliamo che sia banale, né che sia offensiva. Questo è quello che ci siamo detti all'inizio, ma l'approccio non è stato diverso dai precedenti lavori, cerchiamo sempre sfide complicate. Posso dire, però, che Supersex è stata la più pruriginosa di queste sfide", spiega la supervisor dello sviluppo editoriale.

Poco più di una decina di anni fa Francesca De Lisi frequentava il Centro Sperimentale di Cinematografia, inizio del suo percorso professionale che l'ha portata a lavorare alla sceneggiatura di progetti andati in onda sui canali Rai, Mediaset e Sky, come Una pallottola nel cuore, Nero a metà e Blocco 181. Il suo ruolo in Supersex e M si colloca tra gli intenti produttivi e il supporto ai talent: chi lavora nell’editoriale cerca di fare in modo che la fase di sviluppo rispetti il taglio scelto tra estetica e contenuti.

"Abbiamo unito la visione del maschile che portava Rocco Siffredi con una persona sulla quale c'era una fiducia totale sul fatto che non sarebbe caduta nei cliché e non avrebbe fatto sconti al personaggio e alla sua storia" racconta Francesca De Lisi parlando della sceneggiatrice Francesca Manieri che ha preso in mano la narrazione del progetto. Quest'ultima ha militato nei collettivi femministi ed è stata la le promotrici delle Cinque Giornate Lesbische presso la Casa Internazionale delle Donne di Roma, curandone l'aspetto politico e filosofico. "Lei poteva essere in grado di vedere l'uomo oltre il fenomeno" presegue De Lisi, "e credo che quella ricchezza e la complessità di sguardo fosse il modo migliore per portare a casa questo lavoro". Intanto c'è un evidente lancio verso una seconda stagione al termine del settimo e ultimo episodio, "una prosecuzione della storia alla quale stiamo pensando su cui però non c'è ancora una certezza assoluta".

M. Il figlio del secolo: la serie con Luca Marinelli arriva su Sky in autunno

Per Francesca De Lisi, il lavoro con l'AD di The Apartment Pictures Lorenzo Mieli (che nel frattempo, un mese fa, ha lasciato questo incarico per una nuova avventura professionale) nella messa in cantiere di un'imponente produzione seriale, è transitato da Supersex in fase di riprese e montaggio a M. Il figlio del secolo in fase di sviluppo. Anche su questo progetto c'è stata l'intenzione di avere una matrice estetica e drammaturgica da subito molto chiara, "da trovare, conservare e preservare, prima di uscire sul mercato alla ricerca di un partner distributivo".

Ancora una volta Lorenzo Mieli, stavolta nell'incontro con lo sceneggiatore Stefano Bises, "ha trovato qualcosa di originale con questo M doppio... Mussolini e M che dialogano con il pubblico" continua De Lisi. "Un'altra cosa sulla quale ci siamo mobilitati era quella di tenere alti i riverberi tra la contemporaneità e delle idee che si sono formate ai tempi del fascismo, le similitudini tra la retorica che allora ci ha portato dove ci ha portato e che oggi sembra essere tornata, perlomeno in quei populismi contemporanei che ambiscono al totalitarismo. Queste due componenti sono due dei fuochi che tengono in vita la serie e che ne hanno guidato il racconto". Si tratta di decisioni prese molto prima dell'arrivo del regista Joe Wright e De Lisi è convinta che siano stati questi elementi ad attrarlo. "Ha avuto il sentore e il sentimento della contemporaneità dell'argomento trattato, oltre alla storia della nascita di quelle idee che è sconosciuta ad un pubblico estero".

"Una delle cose meravigliose del romanzo", scritto da Antonio Scurati che ha collaborato direttamente all'adattamento, "era che è incredibilmente documentato". M è il primo romanzo dedicato al fascismo e a Benito Mussolini ed è vincitore del Premio Strega 2019. Le scelte operate per la trasposizione sullo schermo sono state un po' più complesse di altre opere tratte da testi letterari, "perché il tentativo è quello di mettere in dubbio e di non dare per scontato che se tu fossi stato lì all'epoca, non ci saresti caduto. Questa scelta lo rende rischioso e moderno, altrimenti sarebbe potuto diventare una cosa polverosa. È una serie che, oltre ad offrire intrattenimento ed emozioni, dialoga con il tempo che stiamo vivendo. E siamo increduli di quanto sia venuta bene. Io sono una donna che ama i prodotti iper pop, ma riconosco ai prodotti audiovisivi che ci provano, il valore di voler interrogare in maniera civile il pubblico. Questa è una cosa che era fortemente sentita da tutte le persone che hanno preso parte a questo produzione".

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