Willy's Wonderland, la recensione: Nicolas Cage esplora nuove e silenziose frontiere del weirdness

21 settembre 2021
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Una nuova, folle impresa per Nicolas Cage, qui impegnato con una noncuranza molto coatta contro pupazzi animatronici posseduti dallo spirito di serial killer defunti. Willy's Wonderland è disponibile per l'acquisto e il noleggio digitale sulle principali piattaforme di streaming. La recensione di Federico Gironi.

Willy's Wonderland, la recensione: Nicolas Cage esplora nuove e silenziose frontiere del weirdness

La Camaro, gli occhiali a specchio, gli stivali di pelle nera, la barbetta rifinita. Il non pronunciare mai una parola. Gli energy drink e il flipper. L'imperturbabilità di fronte ai mostri e le mazzate distribuite con feroce generosità.
Il personaggio senza nome interpretato da Nicolas Cage in Willy's Wonderland (quello che negli Stati Uniti è indicato in maniera se non erronea ingannevole come "The Janitor", l'inserviente, come ci insegna Scrubs) incarna in maniera paradossale e parossistica l'ideale di quel cool coatto che è sempre esistito ma che ha trovato una sua canonizzazione cinematografica in certi action anni Ottanta. Un personaggio al quale lo stesso Cage, ovviamente, non è alieno: un po' perché rappresenta un altro modo di andare sopra righe già di per loro piazzate in altissimo, e un po' perché si possono rintracciare parentele di questo personaggio qui in quelli interpretati dall'attore in Con Air, sopra ogni altro, ma anche, volendo, in Drive Angry e Ghost Rider.

Rimane il fatto che Willy's Wonderland è esattamente il tipo di film che si può aspettare che sia, considerato lo spunto iniziale: che è quello di Cage chiuso dentro un locale popolato da pupazzi animatronici posseduti dallo spirito di una setta di serial killer, e che invece di diventare vittima li fa fuori lui uno per uno.
"Non è lui a essere intrappolato lì dentro con loro. Sono loro a essere intrappolati con lui", dirà una dei teenager che in qualche modo sono coinvolti nella trama del film, parafrasando il Rorschach di Watchmen.
Poteva essere un disastro, diciamolo chiaramente: ma, sebbene sia tutto tranne che un capolavoro, si fa vedere con un certo qual sciamannato divertimento grazie alla noncuranza esibita nei confronti di ogni logica e coerenza narrativa, e alla voglia di forzare la mano non con la paura - che in fin dei conti è quasi assente - ma con un senso dell'umorismo volutamente grossolano, vagamente perverso e a suo modo perfino lunare.

Fin dalla font usata per i titoli di testa è chiaro che l'orizzonte di Kevin Lewis, regista di Willy's Wonderland, è quello del cinema horror contamitato di assurdo e di commedia che proviene, di nuovo, dagli anni Ottanta, e che in quel decennio circolava più in VHS che sugli schermi dei cinema, utilizzando quello stile mescolanto a una vaga psichedelia come base per esplorare nuove forme e dimensioni della weirdness di Cage.
Un Cage che forse qui si impegnerà pure poco, limitandosi al mestiere usato con la sinistra, ma che oramai è talmente preciso e naturale, ed efficace, nella sua gestualità e nella sua espressività da risultare una macchina da cinema - da questo cinema - perfetta e insostituibile.
Che si tratti di smembrare a mani nude gli animatronics assassini, passare lo straccio per terra o pulire specchi e gabinetti, giocare a flipper o guidare un'auto.
Poi certo, se Cage non vi piace, o se cercate qualcosa che non siano novanta minuti d'evasione, allora è meglio rivolgersi altrove. Per gli altri, il divertimento è folle e garantito.



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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