W.E. - Edward e Wallis, la recensione del film di Madonna
Messo da parte lo stile più vibrante, sgangherato e anarchico del discreto esordio di Sacro e profano, con questa sua seconda fatica dietro la macchina da presa Madonna punta ad un neoclassicismo pseudo rigoroso e ultrapatinato
Nel corso della sua pluridecennale carriera musicale, Madonna ha abituato il suo pubblico a frequenti e subitanei cambi di stile e di look, alla ricerca di un eclettismo tutto pop che fosse dimostrazione di poliedricità e voglia di costante rinnovamento. Due film son pochi, ma alla luce di quanto visto nel nuovo W/E, la neo-regista sembra intenzionata a replicare anche nel cinema lo stesso modello.
Messo da parte lo stile più vibrante, sgangherato e anarchico del discreto esordio di Sacro e profano, con questa sua seconda fatica dietro la macchina da presa Madonna punta ad un neoclassicismo pseudo rigoroso e ultrapatinato, figlio certamente dalle esigenze che la storia porta con sé ma anche della voglia di confrontarsi con qualcosa di nuovo, e con modelli che le sono evidentemente cari (forse anche dal punto di vista personale).
Se il copione - che mette in parallelo attraverso un meccanismo quasi fantasmatico la storia d’amore appassionata e scandalosa tra l'americana pluridivorziata Wallis Simpson e Edoardo VIII, che pochi anni prima della II Guerra Mondiale rinunciò al trono che aveva appena ereditato per poter vivere l'amore della sua vita, e la vicenda di una giovane donna di New York ossessionata dalla Simpson e imprigionata dentro un matrimonio senza amore e figli con un uomo abusivo e fedifrago - presenta degli spunti interessanti, è la messa in scena a penalizzare fortemente il film della popstar.
Nell'ostentazione costante di un lusso e di un'eleganza che non sempre evita il pacchiano, sia per quanto riguarda la parte della storia ambientata negli anni Trenta che in quelle dei nostri giorni, Madonna pare guardare a A Single Man dell'amico Tom Ford. Ma saper indossare o apprezzare un abito non rende necessariamente capaci di replicarlo, né tantomeno di replicare il suo carico emozionale.
E anche i richiami al Maria Antonietta di Sofia Coppola, sia che riguardino la solitudine di una giovane donna intrappolata in una gabbia più o meno dorata, sia che richiamino le contaminazioni, come quando si sceglie di far ballare i due amanti del passato e i loro amici sulle note di "Pretty Vacant" dei Sex Pistols, non sono esattamente lusinghieri per l’operato di Madonna.
Sono però le banalità più melense, gli insistiti ralenty poeticizzanti e le ricerche del dettaglio ad effetto, sempre più presenti con lo svilupparsi della storia dopo un incipit piuttosto misurato, che fanno scivolare a tratti W/E nel pericoloso terreno del trash. Penalizzando così i ragionamenti sulla natura splendida e ambivalente dell'amore che la storia raccontata porta con sé.
- Critico e giornalista cinematografico
- Programmatore di festival