Utama - Le terre dimenticate, la recensione del pluripremiato film boliviano

17 ottobre 2022
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Utama - Le terre dimenticate è un'opera prima che ha fatto incetta di premi ed è stato scelto dalla Bolivia per rappresentarla agli Oscar. Una storia d'amore e di culture che scompaiono a causa del cambiamento climatico. Il film arriva al cinema il 20 ottobre, distribuito da Officine UBU.

Utama - Le terre dimenticate, la recensione del pluripremiato film boliviano

La storia raccontata in Utama – Le terre dimenticate è una di quelle che non si vedono mai sullo schermo di un cinema. Di cui non si legge sui giornali ma tutt'al più può capitare di vedere in tv in qualche documentario etnografico. Il popolo andino che prende il nome dall'antichissima lingua Quechua che risale all'impero Inca, vive, o per meglio dire sopravvive, sugli altipiani di Perù, Bolivia ed Ecuador. Considerati nel migliore dei casi per il loro modo di vestire e il loro aspetto come pittoreschi come relitti del passato, gli indigeni di queste zone hanno dovuto spesso subire la repressione della cultura ufficiale, quella “moderna”, che pretende di cancellare anche la loro lingua. Ma sono ancora lì, allevatori di lama, radicati su una terra brulla una volta sorvolata dai giganteschi condor, anch'essi in via di estinzione, tenacemente attaccati ai loro riti e alle antiche tradizioni. I loro figli e nipoti hanno preso spesso la via della città, dove gli anziani non vogliono andare. Perché se è difficile sradicare una persona di età avanzata dal luogo in cui ha sempre vissuto e di cui conosce ogni anfratto e ogni segreto, lo è ancora di più in questi casi, dove la "scelta" è quella tra assimilazione e cancellazione della propria lingua e cultura o morire lavorando e faticando, lì dove sono nati i propri figli, la modernità non è mai arrivata e il cambiamento climatico si sente con più drammatica evidenza che altrove.

Alla sua opera prima di finzione dopo aver lavorato nel campo della fotografia e del documentario, il boliviano Alejandro Loayza Grisi ci porta nella casa di un'anziana coppia, Virginio e Sisa, molto legata, la cui vita è resa ancora più difficile da una prolungata siccità. Lui rifiuta testardamente la realtà: la pioggia tornerà, è sempre successo, basterà salire sulla montagna con gli altri abitanti del villaggio e offrire in sacrificio un lama, compiere un rituale che si fa dalla notte dei tempi per riavere l'acqua che permetta di abbeverare gli animali e gli esseri umani. Col presentimento della propria morte, Virginio rifiuta ostinatamente l'intervento del nipote Clever, che viene dalla città nella speranza di sottrarre gli amati nonni a un destino inevitabile. Il vecchio, che ha da tempo rotto i rapporti col figlio, non ne vuol sapere: sa di essere malato e che il volo del condor (un animale che in fin di vita compie una specie di suicidio, gettandosi dalla montagna con le ali chiuse) gli preannuncia la fine. Ma vuole morire dove ha sempre raccolto le pietre per la moglie, insieme alla donna con cui ha passato la vita e che cerca a modo suo di convincerlo.

Pieni di luce abbacinante e di silenzi naturali, dimenticati dal nostro mondo, i paesaggi di Utama (la nostra casa in lingua quechua) fanno da cornice a una tenera storia d'amore e al tempo stesso denunciano con la forza delle immagini lo stato in cui abbiamo ridotto il pianeta, la sorte che tocca a molti suoi abitanti e che finirà per riguardare anche noi, anche se ci sembrano storie estreme e remote, se non porremo riparo allo sfruttamento sconsiderato delle risorse del pianeta. È un film che fa riflettere Utama. Fa pensare alle culture, alle lingue e ai mondi che stanno scomparendo anche per colpa nostra, per un benessere materiale e tecnologico per il mondo occidentale divenuto imprescindibile e a cui, come a un vorace Moloch, abbiamo sacrificato tutto. Alle cose e ai legami semplici, ai popoli che tentano di sopravvivere tenacemente attaccati alla terra su cui sono nati e cresciuti, una terra sempre più arida e avara, su cui il cielo si rifiuta di versare le sue lacrime. Non è un caso se tra i numerosi riconoscimenti che il film ha vinto in giro per il mondo, partendo dal Gran Premio della Giuria al Sundance Film Festival, molti siano stati quelli del pubblico. Perché è impossibile restare indifferenti alla forza di questo racconto per immagini e sentimenti, interpretato con estrema bravura da una vera coppia quechua, il cui reale attaccamento rende il messaggio del film ancora più commovente e forte.



  • Saggista traduttrice e critico cinematografico
  • Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità
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