Una intima convinzione: recensione del dramma processuale con Olivier Gourmet e Marina Foïs
Una storia vera, un processo che diventa un'ossessione per una donna alle prese con un avvocato ben più disincantato.
La Francia ha un legame molto forte con alcune sue istituzioni chiave, come la scuola o la giustizia. Un legame sempre alimentato anche dal cinema, che spesso racconta la République in azione attraverso il rapporto fra i cittadini e alcune sue incarnazioni chiave. Lo dimostra anche questo dramma processuale, Una intima convinzione, in cui l’approccio e il ritmo lo distinguono da tante altre storie simili, fra accusa e difesa, testimoni e dubbi sulla colpevolezza o l’innocenza di chi è sotto processo.
Il giovane regista esordiente Antoine Raimbault prende una storia vera, seguita da lui nella realtà in prima persona in maniera totalizzante, quella dell’affaire Viguier, un processo molto mediatico e seguito dal pubblico francese una decina d’anni fa. In primo grado, Jacques Viguier, professore di diritto all’università di Tolosa, molto cinefilo e appassionato di Hitchcock, fu assolto dall’accusa di aver ucciso la moglie, sparita di punto in bianco abbandonando marito e figli, senza mai più essere ritrovata. L'amante di lei fece di tutto per concentrare i sospetti sul marito. Un’intima convinzione inizia quando l’accusa fa appello a questa sentenza, decretata da una giuria popolare, con una decisione legittima ma molto inconsueta.
L’appello sta per iniziare, un anno dopo il primo grado e dieci anni dopo i fatti, e Nora, una concittadina, è certa dell’innocenza di Monsieur Viguier, la cui figlia ha scelto per dare ripetizioni al figlio, ma soprattutto per avere notizie dal circolo chiuso della famiglia e alimentare la sua sempre più evidente ossessione per questa causa. Nora, però, non è una cittadina come le altre: è stata giurata al primo processo e fa di tutto per convincere un avvocato celebre, brutale e amato dai media, a difendere il professore in appello. Si tratta di Éric Dupond-Moretti (un fantastico Olivier Gourmet), appena nominato ministro della giustizia da Macron nel governo Castex, nonché attore in un cortometraggio di Raimbault, a sua volta molto appassionato se non ossessionato dall’affaire come la Nora del film, unico personaggio inventato. È attraverso i suoi occhi che noi spettatori entriamo in questa storia, attraverso le intercettazioni telefoniche che l’avvocato le affida per scovare qualche fatto interessante, visto il poco tempo a disposizione. Il suo lavoro come chef in una brasserie passa sempre più in secondo piano, così come la sua relazione sentimentale con un collega e addirittura il figlio, innervosito per la latitanza della madre, sempre con le cuffie in testa in cerca di indizi.
Una intima convinzione è un’immersione in apnea, compulsiva e implacabile come per l‘impeccabile Marina Fois che dà volto a Nora, in cui la domanda e il punto di partenza, vedere la giustizia in azione così da vicino, sono ben più importanti per Raimbault della risposta. Se viene spontaneo identificarci con Nora, e vederla come una guerriera di una causa giusta, il film ci pone anche di fronte agli effetti collaterali di un’ossessione cieca di verità, certezza pericolosa e piena di insidie. Che non sia l’apparente distacco dell’avvocato Dupont-Moretti, fra una sigaretta e un bicchiere scolato in un affollato caffè durante una pausa, la sola stella polare costellata di dubbi di chi si avvicina a un’aula di tribunale, in cui le vite di tanti sono improvvisamente in gioco?
- critico e giornalista cinematografico
- intervistatore seriale non pentito