Una intima convinzione: recensione del dramma processuale con Olivier Gourmet e Marina Foïs

02 agosto 2020
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Una storia vera, un processo che diventa un'ossessione per una donna alle prese con un avvocato ben più disincantato.

Una intima convinzione: recensione del dramma processuale con Olivier Gourmet e Marina Foïs

La Francia ha un legame molto forte con alcune sue istituzioni chiave, come la scuola o la giustizia. Un legame sempre alimentato anche dal cinema, che spesso racconta la République in azione attraverso il rapporto fra i cittadini e alcune sue incarnazioni chiave. Lo dimostra anche questo dramma processuale, Una intima convinzione, in cui l’approccio e il ritmo lo distinguono da tante altre storie simili, fra accusa e difesa, testimoni e dubbi sulla colpevolezza o l’innocenza di chi è sotto processo.

Il giovane regista esordiente Antoine Raimbault prende una storia vera, seguita da lui nella realtà in prima persona in maniera totalizzante, quella dell’affaire Viguier, un processo molto mediatico e seguito dal pubblico francese una decina d’anni fa. In primo grado, Jacques Viguier, professore di diritto all’università di Tolosa, molto cinefilo e appassionato di Hitchcock, fu assolto dall’accusa di aver ucciso la moglie, sparita di punto in bianco abbandonando marito e figli, senza mai più essere ritrovata. L'amante di lei fece di tutto per concentrare i sospetti sul marito. Un’intima convinzione inizia quando l’accusa fa appello a questa sentenza, decretata da una giuria popolare, con una decisione legittima ma molto inconsueta. 

L’appello sta per iniziare, un anno dopo il primo grado e dieci anni dopo i fatti, e Nora, una concittadina, è certa dell’innocenza di Monsieur Viguier, la cui figlia ha scelto per dare ripetizioni al figlio, ma soprattutto per avere notizie dal circolo chiuso della famiglia e alimentare la sua sempre più evidente ossessione per questa causa. Nora, però, non è una cittadina come le altre: è stata giurata al primo processo e fa di tutto per convincere un avvocato celebre, brutale e amato dai media, a difendere il professore in appello. Si tratta di Éric Dupond-Moretti (un fantastico Olivier Gourmet), appena nominato ministro della giustizia da Macron nel governo Castex, nonché attore in un cortometraggio di Raimbault, a sua volta molto appassionato se non ossessionato dall’affaire come la Nora del film, unico personaggio inventato. È attraverso i suoi occhi che noi spettatori entriamo in questa storia, attraverso le intercettazioni telefoniche che l’avvocato le affida per scovare qualche fatto interessante, visto il poco tempo a disposizione. Il suo lavoro come chef in una brasserie passa sempre più in secondo piano, così come la sua relazione sentimentale con un collega e addirittura il figlio, innervosito per la latitanza della madre, sempre con le cuffie in testa in cerca di indizi.

Una intima convinzione è un’immersione in apnea, compulsiva e implacabile come per l‘impeccabile Marina Fois che dà volto a Nora, in cui la domanda e il punto di partenza, vedere la giustizia in azione così da vicino, sono ben più importanti per Raimbault della risposta. Se viene spontaneo identificarci con Nora, e vederla come una guerriera di una causa giusta, il film ci pone anche di fronte agli effetti collaterali di un’ossessione cieca di verità, certezza pericolosa e piena di insidie. Che non sia l’apparente distacco dell’avvocato Dupont-Moretti, fra una sigaretta e un bicchiere scolato in un affollato caffè durante una pausa, la sola stella polare costellata di dubbi di chi si avvicina a un’aula di tribunale, in cui le vite di tanti sono improvvisamente in gioco?



  • critico e giornalista cinematografico
  • intervistatore seriale non pentito
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