Una barca in giardino, la recensione del gentile film animato di Jean-François Laguionie

10 febbraio 2025
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A 85 anni, il maestro dell'animazione francese Jean-François Laguionie ha deciso di raccontare una parte della sua infanzia e adolescenza sulla Marna, nel secondo dopoguerra. Il film che ne risulta ha la leggerezza di un sussurro, che trasmette però grandi passioni. La nostra recensione.

Una barca in giardino, la recensione del gentile film animato di Jean-François Laguionie

Rive della Marna, secondo dopoguerra: a undici anni François s'interroga sull'hobby del suo papà acquisito, Pierre. Sta costruendo una barca in giardino, dolcemente sostenuto da sua madre Genevieve. Gli amici lo chiamano scherzosamente "Slocum", come il navigatore Joshua Slocum che sul suo Spray per primo circumnavigò il globo a vela, in solitaria. Francois si avvicina al patrigno studiandone la passione, facendola sua come può. Nel frattempo, la vita passa. Ma qualche lezione resterà per sempre.

Una barca in giardino è forse l'opera più toccante di Jean-François Laguionie, ma mai come in questo caso la commozione non ha nulla a che fare con le tentazioni strappalacrime. Giunto a 85 anni, il veterano autore dell'animazione francese ha finalmente trovato la forza per completare questo racconto autobiografico: è raro che un'operazione del genere, i cui dettagli sono pure così personali e profondi, si risolva in un potente lascito universale, per chi accetterà di rifletterci. Si parla del passato remoto e l'autore ha la sua età: questa combinazione trasporta su un piano audiovisivo che non conosce fretta, eppure conciso nella sua settantina di minuti. C'è una leggerezza di messa in scena che conquista subito: i colori tenui, il tratto a matita grezzo dei fondali, le persone stilizzate eppure così realistiche, nei tempi e nei modi dell'animazione. Laguionie, come avevamo notato in Le stagioni di Louise e Il viaggio del principe, ha acquisito la maturità per piegare la tecnica moderna al suo immaginario artistico: tutta questa manualità illustrativa muove personaggi in 3D su sfondi a mano, ma in un'amalgama perfetta. Carismatico, anche quando la colonna sonora di Pascal Le Pennec ospita fisarmoniche, con un ricorso un po' folkloristico all'identità "francese" da esportazione.

Ma Una barca in giardino, come si diceva, è universale. Il romanzo di formazione di François, il suo passaggio dall'infanzia all'adolescenza nella comprensione del genitore, è tanto più coinvolgente, quanto più evita quasi ogni trappola dell'eclatante, del dramma, del picco di teatralità. La volontà di connessione tra un figlio e le figure genitoriali porta i segni del distacco di quell'epoca, dove una certa distanza era parte del rispetto: nei casi migliori (come questo), dove c'era comunque un vero legame affettivo, i momenti di condivisione erano però particolarmente preziosi e memorabili. Vola anche qualche schiaffo, ma Laguionie lo contestualizza, perché il suo François non è debole, non è una vittima e non è un artista maledetto: è curioso, sa coltivare un suo mondo interiore, ha di nascosto la fidanzatina, fa qualche stupidaggine tipica dell'età. Non si traumatizza, ma sa emozionarsi: forse è la visione tranquilla col senno di poi di un ottantacinquenne sulla sua infanzia, ma una retrospettiva misurata sui casi della vita è un dono, quando non è predicatoria. La sobrietà trasforma in dolcezza quello che in altri registri sarebbe sdolcinato. Non c'è rimpianto, ma attraverso la collaborazione di Anik Le Ray alla sceneggiatura c'è invece l'elaborazione di una gratitudine, per un'esperienza formativa che ha lasciato il segno: umanamente... e professionalmente.

Il primo livello di lettura è infatti quello del rapporto padre-figlio, della necessità di quel legame che spesso si appoggia alla comunanza delle passioni. Si tratti di arte, bricolage, sport, tutti abbiamo vissuto o abbiamo cercato quella complicità con genitori o parenti: questa dinamica più lineare, associata com'è qui alla strana costruzione di una barca che Pierre non userà mai, suggerisce tuttavia una lettura più matura e complessa. La connessione tra gli esseri umani passa anche attraverso i sogni, la ricerca di un senso della vita sfuggente, difficile da spiegare, ma forse più facile da condividere. Pierre sta costruendo una cosa che "non serve" a nulla, così come "non servono" a nulla i disegni di François, che finirà per allontanarsi dalla famiglia e dalla vita di provincia, per gli studi artistici nella grande città. L'artista di professione e l'uomo medio non sono poi così diversi: sono accomunati da questo inseguimento del sogno, da questo proiettarsi altrove, anche quando non ci si muove. La differenza è che il mestiere dell'artista è dichiaratamente quello di dare corporeità ai sogni che ci motivano, di dar vita a quell'indispensabile "inutile". Non per niente lo stesso Laguionie in un'intervista ha dichiarato che il suo Una barca in giardino, ora che dopo decenni ha trovato la forza emotiva per realizzarlo, è stato proprio come la barca in continua costruzione di suo padre. Solo che questo film è salpato sul serio, con noi sopra, felici di farci trasportare verso il fascino dei nostri piccoli privati misteri.



  • Giornalista specializzato in audiovisivi
  • Autore di "La stirpe di Topolino"
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