Un matrimonio di troppo, la recensione: rom-com, ma demenziale. Nel senso peggiore della parola
I diversamente simpatici Reese Witherspoon e Will Ferrell protagonisti di una commedia da dimenticare - e in streaming su Prime Video - firmata da Nicholas Stoller. La recensione di Un matrimonio di troppo di Federico Gironi.
C’è una scena, in Un matrimonio di troppo, in cui - non importa perché, percome, in quale punto - un gruppo di persone corre via per cercare rifugio da un temporale improvviso, e viene ripresa al ralenti sulla celebre aria del Rigoletto “La donna è mobile” (e vabbe'). E - per dire che tipo di film è Un matrimonio di troppo, e con quale cura è stato realizzato - per sincronizzare immagini e sonoro a un certo punto c’è un brusco taglio interno al cantato che farebbe venire i brividi anche a chi disprezza la lirica.
Potrei anche dire che Un matrimonio di troppo è un film che affida le sue sorti, anima e corpo, a una coppia di interpreti che peggio assortita non potrebbe essere, decisamente lontani dalla simpatia se presi singolarmente, figuriamoci poi se devono fare vita a duetti e duelli, lanciandosi smorfie e occhiatacce perché dapprima rivali, e poi ovviamente finendo lì dove si deve finire.
Potrei dire, ancora, che Un matrimonio di troppo cerca di sposare - scusate il gioco di parole - la commedia romantica con quella demenziale; e non è che questo matrimonio (quello tentato dal film) non s’abbia da fare, ma farlo funzionare non è esattamente cosa semplice, o che uno come Nicholas Stoller, che il film se l’è scritto e diretto, sia in grado di fare.
Siccome poi tutto - dove per tutto s’intende che per motivi per l’appunto un po’ demenziali una location per matrimoni è stata affittata a due diversi gruppi, che dovranno trovare il modo di convivere tra malumori, aperture, ripicche e riconciliazioni - gira attorno a un padre vedovo che stravede per la figlia che si deve sposare, e una donna in carriera e single che stravede per la sorella minore che si deve sposare, ecco che le questioni sulla famiglia, il peso della famiglia, le responsabilità della famiglia, la bellezza della famiglia la fanno da padrone, e tutto andrà a finire nella maniera più conciliante - e conservatrice - possibile.
Siccome poi da un lato c’è una ragazza che ha il padre come unico familiare, e la sua famiglia allargata sono gli amici, coetanei ossessionati dalle questioni più o meno sensate che ossessiano i ventenni americani di oggi in termini di linguaggio e correttezza politica, e dall’altro c’è un nucleo familiare chiaramente legato alle grandi tradizioni dell’aristocrazia southern, ecco che Stoller non perde l’occasione per ironizzare sugli uni e sugli altri, gettando alle ortiche invece ogni spunto possibile che deriva dalle frizioni tra queste due sottoculture.
Si sarà capito, insomma, che Un matrimonio di troppo non è esattamente un film memorabile, anche se fino a questo momento non ho menzionato quel punto di non ritorno rappresentato dalla lotta di Will Ferrell con un alligatore che più posticcio non si può, e le faccette di Reese Witherspoon, e la galleria conclusiva dei sorrisi piacioni di Ferrell (ovviamente ripresi al ralenti).
Stoller accenna, abbozza, ammicca, non trova mai non dico una profondità ma una sorta di verità (umoristica, sentimentale, relazionale) sotto la patina banale della superficie. Mescola il tentativo di far ridere con l’idiozia a quello di commuovere facendo leva sui tanti non detti dei legami familiari, ma tutto quel che riesce a fare, spesso, è sbadigliare o far alzare gli occhi al cielo.
Passiamo oltre, grazie.
- Critico e giornalista cinematografico
- Programmatore di festival