Un couteau dans le coeur: recensione del film con Vanessa Paradis presentato in concorso al Festival di Cannes 2018

18 maggio 2018
1.5 di 5

Un couteau dans le coeur è come una sorta di Boogie Nights virato in salsa slasher e ultra-queer e girato da un Dario Argento al nadir della sua ispirazione.

Un couteau dans le coeur: recensione del film con Vanessa Paradis presentato in concorso al Festival di Cannes 2018

È tutto drammaticamente ovvio già dal prologo, che mescola le immagini in 16mm di un film a luci rosse gay con la scena dell'omicidio di un giovane omosessuale da parte di un misterioso killer mascherato, che lo pugnala nel retto con un coltello a serramanico (dove il manico da cui la lama fuoriesce è un dildo). E dalla scena seguente, nella quale una Vanessa Paradis in stato d'alterazione alcolica telefona alle cinque del mattino alla donna che ama e che l'ha lasciata, ma che è ancora sua socia nella produzione di film porno gay.
A dispetto di tutte le sue ambizioni autoriali e politiche, che diventano via via sempre più evidenti, Un couteau dans le coeur è come una sorta di Boogie Nights virato in salsa slasher e ultra-queer e girato da un Dario Argento al nadir della sua ispirazione.

Yann Gonzalez mira a due cose: ad ammiccare esplicitamente e molto ruffianamente alla sua comunità di riferimento, con l'utilizzo di un'estetica codificata e riconoscibilissima, e a creare scandalo presso il resto del pubblico.
Il problema - che è tanto suo quanto, ahinoi, nostro - è che c'è ben poco da rimaner scandalizzati.
Quello che il film mostra, e come lo mostra, è talmente prevedibile, standardizzato e in un certo senso anche patinato (siamo nella Parigi di fine anni Settanta, e le sottolineature sono innumerevoli) da risultare privato di ogni possibile forza provocatrice o eversiva. E che Gonzalez non abbia mai il coraggio di andare fino in fondo con il suo progetto, e che nel film il sesso sia sempre solo evidentemente simulato, e manchi anche un singolo full frontal maschile, fa capire quando sia puerile la sua voglia di épater la bourgeoisie.

Voleva essere forse il nuovo Lo sconosciuto del lago, Un couteau dans le coeur, ma al bellissimo film di Alain Guiraudie, questo, non si avvicina nemmeno.
Per quanto programmatica possa essere la sua scombinatezza in stile gonzo, con un livello e uno stile di recitazione - Paradis in testa - da far gridare vendetta, o reclamare il prezzo del biglietto, con quella regia così piatta che non sa far altro che citare per dimostrare di essere un autore, o virare le scene in vari modi e colori per scimmiottare, Gonzalez non è giustificabile.
Tanto più che - e qui torniamo alla politica queer - Un couteau dans le coeur non vorrebbe parlare tanto di sesso e di violenza, di eros e thanatos, quanto del disperato bisogno d'amore che tutti noi abbiamo, e della voglia e del diritto a essere liberi ed esprimere ciò che si è come si vuole.
Ma, così, in un film dove tutto è superficie, e tutto così approssimato, proprio non va.



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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