Tyrannosaur - la recensione del film di Paddy Considine

30 ottobre 2011
3.5 di 5
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L'attore Paddy Considine debutta alla regia con Tyrannosaur, un intenso dramma interpretato da un ottimo cast capitanato da Peter Mullan.

Tyrannosaur - la recensione del film di Paddy Considine

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Tyrannosaur - la recensione del film di Paddy Considine


"Tirannosauro" è il soprannome che Joseph, alcolizzato e violento, aveva dato all'obesa moglie defunta. Con alle spalle ogni tipo di gioia e sorriso, se non per il suo vecchio amico malato di cancro, Stephan conosce per caso la gentilezza della bottegaia Hannah. La fede professata a gran voce da Hannah è però solo una valvola di sfogo di un menage matrimoniale disastrato, dominato da un marito psicopatico e violento.
In questo intreccio di sofferenze, chi riuscirà a scovare nel profondo la forza per una redenzione?

Attore già ammirato in difficili situazioni familiari nel toccante In America di Sheridan, Paddy Considine debutta dietro alla macchina da presa (migliore regia al Sundance) con un film da lui anche scritto e che si avvale indirettamente della sua esperienza attoriale. Pur non comparendo nel cast, Considine si è infatti affidato con sicurezza al sostegno di una presenza scenica forte, quella di Peter Mullan, che nel ruolo del protagonista ricalca forse ribelli già battuti in passato (My Name is Joe), con un'aura ancora più cupa.
Le scene del film sono quindi dominate da performance totalizzanti: disturbano sul serio la follia dell'uomo medio Eddie Marsan (spesso usato da Mike Leigh) e la disperazione prima muta poi urlata di Olivia Colman, premio speciale della giuria al Sundance ex-aequo con Mullan.
Perseguendo questo tipo d'intensità, Considine condensa nella storia molte tinte angoscianti, il cui accostamento a volte può suonare esageratamente tetro. E' una scelta che forse si può non condividere, temendo la caduta nella maniera del dramma borghese-proletario, ma in ogni caso meno pesante del migliore pregio: un'espiazione che viaggia al di là della morale.
L'intelligente ribaltamento iniziale dei cliché, dove la buona Samaritana abbraccia il violento con una religione che in realtà non l'ha aiutata affatto, rappresenta il vero viaggio all'inferno per lo spettatore, culminando in un'atroce presa d'atto: ci si può aiutare a vicenda per brevi periodi, ma gli esseri umani prendono da soli le decisioni che segnano davvero un'esistenza, facendo magari appello al proprio istinto, senza peraltro preoccuparsi che sia in disaccordo con l'etica comune. Devastanti, ottusi, estinti e letali come tirannosauri. Non è obbligatorio essere d'accordo, ma una simile proposta è già un bel segno di fiducia nel pubblico.



  • Giornalista specializzato in audiovisivi
  • Autore di "La stirpe di Topolino"
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