Tutto l'amore che serve: la recensione del toccante dramma con Laure Calamy visto a Venezia

20 giugno 2025
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Una madre e un figlio con problemi mentali, un rapporto intenso ai limiti del morboso che è sconvolto da un evento. Laure Calamy è la protagonista assoluta di una storia toccante e dolorosa. La recensione di Mauro Donzelli di Tutto l'amore che serve di Anne-Sophie Bailly

Tutto l'amore che serve: la recensione del toccante dramma con Laure Calamy visto a Venezia

Un equilibrio che si rompe, un rapporto talmente intenso da sfiorare il morboso che deve reinventarsi. Sono due inseparabili, Mona e Joel, madre e figlio di una trentina d’anni. Una simbiosi amplificata dall’essere soli, senza un padre, e dal fatto che il ragazzo abbia una disabilità cognitiva che lo rende, soprattutto agli occhi di Mona, un eterno bambinone bisognoso di attenzione. Il cinema francese affronta spesso, volentieri e lodevolmente ogni tipologia di relazione familiare, e l’opera prima di Anne-Sophie Bailly, Tutto l'amore che serve (in originale Mon Inseparable), racconta il rapporto fra un madre e un figlio senza svolazzi retorici e con la capacità di renderlo credibile, senza negare problematicità e un lato doloroso.

Mona si divide fra il lavoro e Joel, che lavora in un centro specializzato e sembra perdutamente innamorato, all’insaputa della madre, della compagna Oceane. Il frenetico equilibrio fra madre e figlio si rompe proprio quando la ragazza rimane incinta, scatenando lo scetticismo dei rispettivi genitori, figlio del pregiudizio e di una sottovalutazione della possibilità dei due di amare consapevolmente e con senso di responsabilità, nonostante l’handicap. Le certezze di una routine orientata solo al suo insperabile, in cui ogni momento era dedicato a lui o a guadagnare dei soldi per mantenere il loro nucleo familiare, lascia spazio a uno smarrimento tanto naturale quanto imprevisto. Un figlio che lascia la madre, diventa adulto, pronto a costruirsi un’altra famiglia. Solo che avviene con tempi inattesi, quando il pregiudizio che ciò non sarebbe mai accaduto si è impossessato anche di Mona.

In questo senso, Tutto l’amore che serve è la storia di una duplice crescita, quella dell’eterno adolescente Joel, improvvisamente reso consapevole dall’amore, e di una madre che si trova spiazzata dall’improvvisa libertà, dal risveglio di una sua sessualità repressa da anni e ora di nuovo a portata di mano. Mentre l’interruzione brutale del legame provoca un’allontanamento, i due devono trovare nuove forme di stabilità, prima di ricondurre il rapporto verso un diverso equilibrio. È proprio questa dinamica che nobilita un’opera prima che non lo sembra, grazie a una maturità espressiva e una notevole abilità nel lavoro con gli attori, soprattutto grazie a una fantastica interpretazione, una delle tante, di Laure Calamy.

La sua sincerità nell’esporre le fragilità di una donna che da tanti anni ha ormai sigillato verso una unica direzione ogni slancio d’amore è il valore aggiunto di questa storia, capace di superare lo schema polveroso del film sull’handicap, riconducendo nei giusti binari ogni abuso del termine “normalità”. In cui il prendersi cura di Joel da parte di Mona assume una forma diversa, perde ogni eccezionalità e permette a una dipendenza malsana di prendere aria, di lasciare spazio ad altro e ad altri, per far ripartire l’amore con presupposti differenti, maturi e come tali pronti ad affrontare il futuro.



  • critico e giornalista cinematografico
  • intervistatore seriale non pentito
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