Tutto in un'estate!, la recensione del film francese
Premiato a Cannes e ai César, il film dell'esordiente Louise Courvoisier prende un genere ben codificato del cinema francese e francofono e lo declina in chiave sorridente, colorata, quasi pop. La recensione di Tutto in un'estate di Federico Gironi
Mentre qui da noi, oramai, l’estate è torrida e violenta fino dai primi di giugno, quella vissuta dai protagonisti di Tutto in un’estate è dolce, piacevole, morbida e autentica. Un’estate che mantiene verdi i prati e i pascoli, che non soffoca, che non causa traspirazioni eccessive. D’altronde, siamo nel Giura, regione montana e rurale della Francia, al confine con la Svizzera, dove si producono vini notevoli, salsicce saporitissime e, soprattutto, un formaggio da favola che si chiama comté.
Vi chiederete forse cosa c’entri tutto questo, tutte queste notazioni climatico-geografiche con il film dell’esordiente Louise Courvoisier: c’entra, eccome. Perché il comté avrà un ruolo primario, eppure accessorio, nella trama, mentre i luoghi e le temperature sono anche uno specchio di uno stile e un registro. Così come lo sono le magliette dai colori forti (rosso, arancione…) che spesso indossa il protagonista del film, che si chiama Totone.
La trama del film è piuttosto semplice: Totone ha 18 anni, è un po’ uno sciamannato, ma quando il papà si schianta ubriaco contro un albero, rimane da solo a doversi prendere cura della sorellina, e dopo aver provato a lavorare con gente che non sopportava si fa venire un’idea: vincere i 30mila euro che vanno ogni anno al miglior comté prodotto.
Ora, già questo dettaglio finale fa capire come una trama che in qualche modo è o può suonare abbastanza tipica per un certo tipo di cinema, soprattutto francese e francofono, un cinema contrassegnato da un naturalismo abbastanza spoglio ma sempre pronto a mettere - magari blandamente - l’accento sul dramma, qui è trattata in modo diverso. Ed è qui anche che tornano anche i colori forti delle t-shirt di Totone. Pur appartenendo a pieno titolo a quella citata linea di cinema, pur prendendo le mosse da quella tradizione e - attenzione - pur raccontando una storia che non è esente da drammi, Louise Courvoisier ha voluto dare, ed è stata capace di dare un tono che arriverei quasi a definire pop al suo film.
Un film che l’accento, quando lo mette, lo mette in maniera quasi controintuitiva sui sorrisi e suoi piccoli successi, più che sui drammi.
Perché certo, Totone prenderà delle belle batoste, ne combinerà di tutti i colori, ma quello che ci portiamo a casa - e che anche lui, in quanto protagonista di un racconto di formazione, porta a casa - sono le piccole e grandi conquiste, i sorrisi, i baci, il fare l’amore in mezzo al fieno, gli sguardi che sanciscono la pace con quegli amici del cuore, e con quella ragazza speciale, con cui sei finito in rotta per colpa della tua testa calda. E allora, raffreddata la testa, si può davvero cominciare una nuova vita. Una storia nuova, che Courvoisier, giustamente, lascia che sia solo dei suoi vivissimi e autentici personaggi.
- Critico e giornalista cinematografico
- Programmatore di festival