The Burning Plain - recensione del film diretto da Guillermo Arriaga

05 novembre 2008

Presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, l’esordio nella regia dello scrittore messicano Guillermo Arriaga si presenta come un melodramma dalla fattura più che accettabile, che ripropone gli intrecci narrativi ed i differenti piani temporali che hanno reso famose le sceneggiature dell’autore dirette poi da Alejandro Gonzalez...

The Burning Plain - recensione del film diretto da Guillermo Arriaga

The Burning Plain - la recensione

Presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, dove la giovane Jennifer Lawrence ha conquistato il premio Marcello Mastroianni come giovane promessa per il futuro, l’esordio nella regia dello scrittore messicano Guillermo Arriaga si presenta come un melodramma dalla fattura più che accettabile, che ripropone gli intrecci narrativi ed i differenti piani temporali che hanno reso famose le sceneggiature dell’autore dirette poi da Alejandro Gonzalez Iñárritu.

Elegante nella confezione, grazie alla fotografia semplice ma assolutamente efficace del premio Oscar Robert Elswit, The Burning Plain è un melodramma che gioca su molti dei luoghi comini del genere, sfruttando appunto il fatto che i personaggi che vuole raccontare sono in qualche modo sedimentati in questo stesso tipo di pellicole; Arriaga in questo modo è ancora una volta libero di sperimentare le sovrapposizioni tematiche e temporali che tanto predilige, riuscendo però soltanto in parte a rendere il suo film valido. Si ha infatti l’impressione che il tipo di messa in scena più “espressionista”, accentuato a livello visivo che Inarritu sovrapponeva alle sue sceneggiature appariva maggiormente funzionale al tipo di lungometraggio che si voleva realizzare. Il film di Arriaga ha quindi la bellezza dell’opera corretta e sufficientemente intelligente, ma più di tanto non riesce a colpire lo spettatore a livello emozionale. Anche il cast di interpreti principali risulta efficace, ma tutto sommato niente a che vedere con le prove sanguigne del trio di 21 grammi o anche del gruppo di attori di Babel.

Insomma, alla fine Arriaga dimostra di conoscere con pienezza la materia che tratta, ma come regista sembra avere ancora bisogno di affinare il proprio stile personale (fosse anche lineare e realistico, come nel caso di questo lungometraggio) per renderlo maggiormente capace di arrivare alla sensibilità del pubblico.



  • Critico cinematografico
  • Corrispondente dagli Stati Uniti
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