Super - la recensione del film di James Gunn

19 ottobre 2011
3.5 di 5

Mobile e psicotivo, Super è un film che solo ad uno sguardo superficiale e distratto può essere liquidato come una diversa declinazione del Kick-Ass di Matthew Vaughn.

Super - la recensione del film di James Gunn

Super - la recensione

James Gunn è uno che i primi passi nel mondo del cinema li ha mossi nella Troma di Lloyd Kaufman, e che quindi ha un imprinting piuttosto anarchico riguardo i sintagmi e i paradigmi della narrazione cinematografica.
Uscito dalla Troma, però, ha subito dimostrato con Slither di saper evitare la tentazione della goliardia a tutti i costi, riuscendo a trovare uno stabile (ma non immobile) baricentro per una forma film che nasce dall’incontro tra sregolata fantasia e solidità della struttura narrativa.
Lo stesso baricentro mobile ed eccentrico, Gunn l’ha trovato nuovamente anche in Super, film che solo ad uno sguardo superficiale e distratto può essere liquidato come una diversa declinazione del Kick-Ass di Matthew Vaughn. Le differenze, infatti, sono numerose ed evidenti: a partire dal carattere e dalle motivazioni del personaggio protagonista,  quello che decide da un giorno all’altro di reinventarsi supereroe.

Il Frank di un funzionalissimo Rainn Wilson non è infatti solo un personaggio che, stufo di angherie e sconfitte, decide di trovare riscatto alla sua mediocrità tramite un’identità segreta. È anche e soprattutto un uomo alla ricerca del recupero di un Amore che è molto di più della moglie instabile (una bellissima Liv Tyler) che fugge plagiata da un affascinante spacciatore.  Un Amore che è trascendente, spirituale.
Non a caso la decisione di Frank nasce da suggestioni direttamente derivanti dal Divino, susseguenti a preghiere del tutto non laiche.
Per quanto sorprendente possa sembrare, questo assunto si colloca perfettamente all’interno di un contesto dove è l’estetica dominante è volutamente paupero-indie, dove i riferimenti al mondo dei comics (meglio se underground) si sprecano e le esplosioni di violenza, spesso tutt’altro che fumettistica, la fanno da padrone.  È questo il baricentro felicemente malato di Gunn, di Super, di un film che spiazza per la sua imprevedibile libertà e per la capacità di miscelare i diversi registri in maniera insolita e provocatoria.

Psicotico, ondivago e imprevedibile come gli umori e le reazioni del suo protagonista (protagonista incline all’eccesso di zelo ma superato in questo dalla folle e improvvisata sidekick di un’ipercinetica Ellen Page), Super alterna agilmente intermezzi di lirismo patetico a scene d’azione più o meno declinate al comico, procedendo verso un finale che rappresenta la vera, coerente, sorpresa.
Perché evitando sia il romanticismo più zuccheroso che la trappola del cinismo e della scorrettezza a tutti i costi, Super racconta la conquista non di un oggetto del desiderio, ma di quell’anelito iniziale all’Amore nella accezione più ampia, spirituale e cristiana possibile. Con uno spirito tanto semplice e delicato da lasciare un terrenissimo e laicissimo segno di proporzionale efficacia.



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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