Stella è innamorata: la recensione della storia di una ragazza alle prese con l'ultimo anno di scuola
La prima estate al mare con le amiche senza i genitori con il primo amore e l'ultimo anno di scuola prima della maturità, che porterà alle decisioni e alla responsabilità. Un momento cruciale che pesa come un macigno, ma che Sylvie Verheyde racconta in Stella è innamorata con straordinaria leggerezza e immedesimazione.
Stella parla poco, è costantemente in cerca di qualcosa e con lo sguardo indaga il mondo che la circonda. La conosciamo durante l’estate in Italia dei suoi 17 anni, dove per la prima volta ha una storia con un ragazzo del posto, mentre passa delle vacanze spensierate e affamate di vita insieme alle sue tre grandi amiche. Insieme compongono un gruppo solido, almeno come possono esserlo le amiche adolescenti. È la loro prima estate senza i genitori, è l’estate del 1985, l’anno della maturità e delle scelte da prendere, con la fretta di accumulare esperienze, vissuto, non sprecare quegli ultimi mesi di scuola prima di imboccare il sentiero a senso unico verso la vita adulta.
La regista Sylvie Verheyde torna a raccontare Stella, già al centro nel 2008 del suo secondo film, in cui seguiva le vicende di una preadolescente nel 1977 alle prese con il primo anno delle medie in una prestigiosa scuola parigina, lei proveniente da un contesto modesto, in una famiglia che lavora in un rumoroso caffè, e abita al piano di sopra. Una storia autobiografica, per Verheyde, che a distanza di quindici anni ha avuto la curiosità di raccontare cosa sia avvenuto alla sua alter ego, ora alle prese con un’età complessa. Stella è innamorata, come suggerisce il titolo, lo è per tutto l’anno scolastico e sempre di più quando scopre una passione, la prima che la scuota dal torpore. Quella per una discoteca, Les Bains Douches, ma soprattutto per un ragazzo più grandi di lei, provetto ballerino e musicista, che cita Basquiat e Pollock.
Stella inizia a passare sempre più notti in questo luogo angusto in quanto a spazi ma infinito per la capacità di proiettarla verso un mondo di scoperte e piaceri che non aveva mai immaginato. Scopre il ballo e l’amore, il piacere di sentirsi libera e leggera insieme a sconosciuti che diventano familiari. Può fuggire dal bar dei suoi, mentre nel frattempo il padre se n’è andato con un’altra donna e la madre ha ufficializzato la relazione “a casa” con l’amante. Sylvie Verheyde segue le peregrinazioni di Stella in questo sogno a occhi aperti, poi da sveglia nelle giornate sempre più annoiate e assonate a scuola, mentre la paura dell’esame (e del futuro) la portano a disinteressarsi sempre più a ben riuscire nello studio. Le amiche alternano un ruolo da scudiere comprensive, come negli anni precedenti, a quello di ostacolo alla sua propensione entusiasta alla notte, concentrate come sono all’affermazione nello studio e a ripercorrere le orme di genitori che vengono da un contesto sociale ben più solido del suo.
Flavie Delangle, vista nella versione francese di Skam, è straordinaria nel sostenere interamente questa storia con disincanto e coraggio. Il film è percorso da una febbre insinuante che conquista, quella della scoperta e del batticuore per un presente che si avvicina alle scelte che consolideranno un futuro ancora ignoto. Ipnotico e divertente, ma anche ansioso da mozzare il fiato, come solo quell’età sa essere di punto in bianco, senza avvisaglie. Un viaggio al ritmo trascinante della musica elettronica e degli anni '80, lungo l’ultimo anno di un mondo consolidato e conosciuto, con tanti sottintesi e speranze per quello che arriverà dopo. Senza fretta, con la giusta incoscienza e un’inevitabile paura, quella di Stella, che è innamorata e niente sarà più come prima, nonostante tutto.
- critico e giornalista cinematografico
- intervistatore seriale non pentito