Burying the Ex - la recensione dal Festival di Venezia della 'zom-com' di Joe Dante
Il regista americano omaggia la serie B e usa gli zombie come metafora della fine di un amore.
Quando una storia finisce, quando l'amore muore, è meglio sbarazzarsi al più presto del suo cadavere, dice Joe Dante. Altrimenti, ci si ritrova ad avere a che fare con il suo ben più pesante e pericoloso zombie.
La metafora di Burying the Ex, che Dante ha diretto a partire da una sceneggiatura di Alan Trezza, non avrebbe potuto essere più esplicita di così, nella trama tanto quanto nei dialoghi (spesso brillanti e con battute piuttosto azzeccate).
Il povero Anton Yelchin non ha nulla in comune, se non il sesso, con Ashley Greene, che è bella ma anche una bella rompipalle. E se proprio quando decide di scaricarla lei muore sotto un bus, e se lui presto trova in Alexandra Daddario - beato lui - un'anima gemella, ecco che Ashley torna come zombie, per esigere quell'amore eterno che gli era stato promesso senza mai smentire.
Sotto, o sopra, la sua metafora sentimentale (che ha portato il regista a parlare del suo film come di una zom-com), Burying the Ex è una tipica espressione dell'amore sconfinato di Dante per il cinema di genere e di serie B, per gli horror classici degli anni Cinquanta, Sessanta e perfino Settanta, senza disdegnare strizzate d'occhio al meta-horror più o meno ironico dei decenni più recenti.
Dentro quella serie B Dante ci rimane e ci sguazza, in un tripudio di citazioni esplicite e non, più divertito dal contesto che dalle vicende dei suoi protagonisti, cui si aggiunge la figura di un fratello di Yelchin che è una brutta copia stereotipata di Seth Rogen e di tanti suoi personaggi.
Molto più che commedia che horror, Burying the Ex non riesce nella riesumazione della passione scorretta e cinefila di Joe Dante emersa in film come Matinée, o della sua voglia di giocare espressa in Small Soldiers, tanto per non andare troppo (e impietosamente) indietro nel tempo. E il film appare in affanno rispetto a omologhi recenti, come ad esempio l'ancora inedito, ma notevolissimo, Life After Beth.
Il film non naufraga, comunque, grazie al tocco leggero, ironico di un Dante che non si prende mai troppo sul serio, e grazie alle sue due protagoniste femminili, che all'indubitabile avvenenza associano interpretazioni perfettamente centrate sui loro personaggi e sulle loro esigenze.
- Critico e giornalista cinematografico
- Programmatore di festival