Senza nessuna pietà: la recensione del noir con Pierfrancesco Favino
Michele Alhaique racconta la corsa verso la speranza di un gigante buono.
Non ci sono né moderni gangster in completo scuro e occhiali da sole,
né assassini dalla mente deviata in Senza nessuna pietà.
Non ci sono
inseguimenti in macchina fra viali fiancheggiati da palme e nemmeno narcotrafficanti
coperti di gioielli che si vendicano a colpi d’accetta. In poche parole – e
per fortuna, non c’è nulla di pulp nel primo film da regista Michele
Alhaique, che nella stessa Roma periferica in cui si muoveva il suo
Diego di Qualche nuvola ambienta un suo epico
“romanzo criminale”.
Certo, il grande contenitore è comunque il
Noir, ma un noir nel quale l’illecito si nasconde in una misera e reale
quotidianità, e i personaggi, invece di guardarsi l’ombelico, sono
tormentati da un’urgenza di muoversi, di agire, come se avessero alle spalle cani
feroci pronti a sbranarli.
Pur abbracciando con consapevolezza alcuni cliché della tipologia di
appartenenza (come il veterinario chiamato a operare un uomo in fin di vita), ad
Alhaique interessa soprattutto incollarsi ai personaggi.
Ci
riesce bene
attraverso i primi piani, mentre si affida al montaggio e ai dialoghi per fare in modo che
la corsa di Mimmo e dei suoi amici e nemici finisca per contagiare
l’intero film, rendendolo incalzante, serrato, ritmato.
A
quest’accelerazione progressiva, il regista oppone, creando
un’interessante sfasatura, la lentezza di un corpo massiccio, che definisce
l’inquadratura con la sua imponenza e monumentalità, soprattutto nelle
scene iniziali. E’ il corpo di Pierfrancesco
Favino, che con venti chili di più addosso cambia letteralmente
pelle.
Il suo ragazzone dalla maglietta gialla, che respira pesantemente, risparmia
le
forze prima di attaccare e parla poco, è uno di quei personaggi che lasciano il
segno, un gigante buono che non dimenticheremo facilmente, anche grazie a
un’interpretazione sublime, una performance alla Marlon
Brando.
Favino però lo conosciamo e sappiamo quanto sia bravo.
Ancora più
sorprendente è Greta Scarano, qui angelo dalle
mèche bionde che arriva per “salvare” Mimmo.
Non viene dal cielo ma da Latina, e la sua femminilità, seppur mortificata da un
brutto lavoro, è dolce e accogliente, oltre che grintosa.
Ecco, per
Michele Alhaique nelle donne del film c’è sempre la
tenerezza accanto alla forza, mentre gli uomini girano su se stessi e sulle impietose
regole dei clan malavitosi di appartenenza.
Con la sua attenzione al dettaglio e una colonna sonora raffinata,
Senza nessuna pietà non sembra un’opera prima.
Per questo, dai prossimi film dell’attore/regista – che ricordiamo anche in
Cavalli con Vinicio
Marchioni – ci aspettiamo molto: la stessa attenzione agli attori,
ai personaggi e alle immagini, ma un po’ più di coraggio nella rottura
degli schemi del cinema di genere.
In bocca al lupo!
- Giornalista specializzata in interviste
- Appassionata di cinema italiano e commedie sentimentali