Senza nessuna pietà: la recensione del noir con Pierfrancesco Favino

30 agosto 2014
3.5 di 5
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Michele Alhaique racconta la corsa verso la speranza di un gigante buono.

Senza nessuna pietà: la recensione del noir con Pierfrancesco Favino

Non ci sono né moderni gangster in completo scuro e occhiali da sole, né assassini dalla mente deviata in Senza nessuna pietà
Non ci sono inseguimenti in macchina fra viali fiancheggiati da palme e nemmeno narcotrafficanti coperti di gioielli che si vendicano a colpi d’accetta. In poche parole – e per fortuna, non c’è nulla di pulp nel primo film da regista Michele Alhaique, che nella stessa Roma periferica in cui si muoveva il suo Diego di Qualche nuvola ambienta un suo epico “romanzo criminale”.
Certo, il grande contenitore è comunque il Noir, ma un noir nel quale l’illecito si nasconde in una misera e reale quotidianità, e i personaggi, invece di guardarsi l’ombelico, sono tormentati da un’urgenza di muoversi, di agire, come se avessero alle spalle cani feroci pronti a sbranarli.

Pur abbracciando con consapevolezza alcuni cliché della tipologia di appartenenza (come il veterinario chiamato a operare un uomo in fin di vita), ad Alhaique interessa soprattutto incollarsi ai personaggi.
Ci riesce bene attraverso i primi piani, mentre si affida al montaggio e ai dialoghi per fare in modo che la corsa di Mimmo e dei suoi amici e nemici finisca per contagiare l’intero film, rendendolo incalzante, serrato, ritmato.
A quest’accelerazione progressiva, il regista oppone, creando un’interessante sfasatura, la lentezza di un corpo massiccio, che definisce l’inquadratura con la sua imponenza e monumentalità, soprattutto nelle scene iniziali. E’ il corpo di Pierfrancesco Favino, che con venti chili di più addosso cambia letteralmente pelle.
Il suo ragazzone dalla maglietta gialla, che respira pesantemente, risparmia le forze prima di attaccare e parla poco, è uno di quei personaggi che lasciano il segno, un gigante buono che non dimenticheremo facilmente, anche grazie a un’interpretazione sublime, una performance alla Marlon Brando.

Favino però lo conosciamo e sappiamo quanto sia bravo.
Ancora più sorprendente è Greta Scarano, qui angelo dalle mèche bionde che arriva per “salvare” Mimmo.
Non viene dal cielo ma da Latina, e la sua femminilità, seppur mortificata da un brutto lavoro, è dolce e accogliente, oltre che grintosa.
Ecco, per Michele Alhaique nelle donne del film c’è sempre la tenerezza accanto alla forza, mentre gli uomini girano su se stessi e sulle impietose regole dei clan malavitosi di appartenenza.

 Con la sua attenzione al dettaglio e una colonna sonora raffinata, Senza nessuna pietà non sembra un’opera prima.
Per questo, dai prossimi film dell’attore/regista – che ricordiamo anche in Cavalli con Vinicio Marchioni – ci aspettiamo molto: la stessa attenzione agli attori, ai personaggi e alle immagini, ma un po’ più di coraggio nella rottura degli schemi del cinema di genere.
In bocca al lupo!





  • Giornalista specializzata in interviste
  • Appassionata di cinema italiano e commedie sentimentali
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