Senza fine: un ritratto onirico di Ornella Vanoni tra divismo, metacinema e protagonismo (della regista)

21 febbraio 2022
2.5 di 5
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Elisa Fuksas racconta a modo suo la grande cantante italiana. Un documentario assai poco tradizionale, che si pone come stile e contenuto agli antipodi di quello di Renato De Maria su Caterina Caselli. Recensione di Federico Gironi.

Senza fine: un ritratto onirico di Ornella Vanoni tra divismo, metacinema e protagonismo (della regista)

Ornella Vanoni, su un minivan, incontra Elisa Fuksas in una stazione di servizio. Perché proprio lì non si sa, e non lo sa nemmeno lei, la Vanoni, che giustamente se lo domanda.
Poi, assieme, arrivano in un lussuosissimo hotel-spa a cinque stelle, le cui architetture anni Quaranta diverranno parte fondamentale di questo film, così come lo diverranno il corpo della Vanoni, e l'onnipresente acqua di vasche, docce, piscine.
Tanto che, a un certo punto, nel film sulle gambe della sirena Vanoni (che di sirene parla assieme a Vinicio Capossela, che è uno dei personaggi che arrivano a farle visita in quel luogo onirico e astratto, assieme a Samuele Bersani e Paolo Fresu) iniziano ad apparire delle squame. O così racconta la regista.

Sarà forse chiaro, a questo punto, che Senza fine non è un tradizionale documentario.
Non è, tanto per fare un esempio chiaro, un confronto evidente con un film analogo ma diversissimo, quello che Renato De Maria ha costruito attorno a Caterina Caselli per il suo Caterina Caselli - Una vita cento vite.
Quello era tradizionale, tradizionalissimo: intervista, repertorio, poco altro. Qui invece no. Al centro di tutto, più che le parole, ci sono le immagini.
A Elisa Fuksas, pare, quello che racconta Ornella Vanoni interessa fino a un certo punto, o gli interessa solo se inserito nel contesto di un'immagine e di un racconto che siano cinema, sogno (ci sono pure chiari riferimenti felliniani, e per non sbagliare Fuksas fa chiedere alla Vanoni di Fellini da Bersani), abiguità, immagine. Immagini che non sino affatto prive di fascino, e soprattutto stanno lì per mettere in evidenza il suo sguardo, quello della Fuskas, la sua voce.
Quella metaforica e quella concreta.

Già, perché Elisa Fuksas si mette in scena. Fin dall'inizio e sempre di più. Quasi quanto Ornella Vanoni. Sottolineando a più riprese la la loro amicizia, ma anche e soprattutto la sua fatica, la sua stanchezza, la sua insofferenza nei confronti delle bizze della diva che le rende spesso complicato lavorare.
Ecco che il metacinema, letteralmente, entra in Senza fine, con molte scene in cui Fuskas e i suoi raccontano di Ornella che è in camera e non scende, che in quella scena lì sarebbe dovuto succedere questo e quello ma Ornella non c'è, perfino con il racconto di una telefonata del produttore Malcom Pagani alla Vanoni per convincerla che nessuno la sta maltrattando.

Non lo so se Elisa Fuksas aveva in mette tutto questo da subito, il ritratto sfocato e onirico di una figura sfuggente e indefinibile, sospeso tra scena o retrosena. O se, per così dire, ha fatto di necessità virtù.
Quello che so è che se c'è una che si può permettere delle bizze, questa è Ornella Vanoni. Una che quando parla - anche quando racconta il risaputo, perché alla fin fine da questo documentario si esce sapendo poco e niente di più di quanto era già stranoto sulla Vanoni, e la sua vita e il suo pensiero, al contrario di quel che accadeva con la Caselli nel film di De Maria - è sempre una meraviglia.
Certo, farla parlare non è facile, lei si stanca, a volte si secca, ma come darle torto? Ti sembra di vederla, quando non scende a lavorare, star lì a pensare "ma chi me lo fa fare", chi glielo fa fare a sprecare tempo, lei che non ha nulla da dimostrare a chicchessia, con una generazione che non pare più essere in grado di ascoltare, ma che invece sta lì, e vuole parlare, farsi vedere, far sentire la propria voce e il proprio sguardo, affermare la propria presenza anche di fronte al mito.

Scansati e fammi vedere il film, disse Dino Risi, sbagliando, di Nanni Moretti. Chissà che direbbe di fronte a Senza fine.
Poi certo, c'è Ornella Vanoni. Che canta, parla, fa le bizze, gioca, recita, è sé stessa.
E allora va tutto bene.



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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