Sei minuti a mezzanotte: la recensione del film

20 novembre 2020
2.5 di 5
4

Tratto da un'incredibile storia vera, questo film scritto e interpretato da Eddie Izzard (con anche Judy Dench e Jim Broadbent) è un curioso ma non sempre riuscito ibrido tra thriller spionistico e dramma morale. Disponibile on demand sulle piattaforme: Sky, Chili, TimVision, Google Play, Rakuten e Infinity.

Sei minuti a mezzanotte: la recensione del film

Andy Goddard è un regista inglese noto soprattutto per i suoi lavori televisivi: ha diretto episodi di serie come Torchwood, Doctor Who, Dracula, Luke Cage, Carnival Row e, soprattutto, Downton Abbey. Il suo primo film, Set Fire to the Stars, era un racconto semi-biografico su giovane poeta che voleva aiutare Dylan Thomas a liberarsi dalla sua dipendenza dall’alcool; il secondo, A Kind of Murder, adattava un romanzo di Patricia Highsmith.
E missioni impossibili ispirati a fatti realmente accaduti e intrecci mystery (qui in salsa spionistica) si ritrovano anche in questo suo nuovo Sei minuti a mezzanotte.

La storia vera è quella che si svolge in una scuola femminile anglo-tedesca sulla costa meridionale dell’Inghilterra frequentata dalle “figlie e dalle figliocce” dei più importanti gerarchi nazisti, esistita dal 1932 al 1939, che poi è anche l’anno in cui il film è ambientato.
Siamo infatti alla vigilia dell’invasione della Polonia e allo scoppio dell II Guerra Mondiale, e quella scuola è (anche) il paravento per operazioni di spionaggio da parte tedesca e da parte inglese, con l’insegnante interpretato da Eddie Izzard incaricato di scovare informazioni preziose al suo governo e a impedire una prevedibile fuga delle studentesse, che gli inglesi vorrebbero invece fare prigioniere in caso di scoppio del conflitto, per usarle come arma di dissuasione.

Izzard, che come al solito gioca (leggermente) sulla sua ambiguità sessuale, è anche co-autore del soggetto e della sceneggiatura del film, e si vede da come si impegna come la vicenda di Sei minuti a mezzanotte gli stia a cuore, e come gli piaccia cavalcare l’ambiguità morale dei suoi personaggi: dalle studentesse che sembrano un perfetto prototipo della gioventù hitleriana, alla direttrice della scuola interpretata da Judi Dench, un’inglese che chiude gli occhi di fronte alle derive naziste pur di mantenere vicine a sé “le sue ragazze”, passando per un’istitutrice tedesca apparentemente gentile e dimessa.
Senza andare a rivelare ciò che accade nel film, e specialmente nella sua parte conclusiva, è facile comunque dire che la forza del film di Goddard sta più nella trattazione di queste ambiguità, e dell’assurdità insita nell’inimicizia tra due popoli in grado di convivere perfettamente, più che nelle dinamiche giallo-spionistiche, che dapprima vengono portate avanti con un buon ritmo, e che poi si fanno più molli, dilatate e prevedibili, e via via velate di un senso del melodramma che nasce da conflitti psicologici e interiori, più che puramente bellici e ideologici.

C’è molto artigianato, in Sei minuti a mezzanotte. Artigianato solido, senza troppi guizzi né molte pretese. Goddard non è un autore e lo sa, usa la sua esperienza nelle serie per costruire un incipit intrigante, anche sul piano delle immagini, per poi dirigere in maniera un po’ automatica; e la mano di Izzard come sceneggiatore si deve ancora un po’ affinare, come dimostra un copione che pare ondivago se non indeciso su quale strada prendere e su quale conflitto concentrarsi.
Finisce, allora, che il personaggio simbolo involontario di tutto il film sia quello di Jim Broadbent, autista del pulmino della scuola: secondario, un po’ svagato, anche simpatico, recitato con tutto il mestiere di cui l'inglese è capace, ma senza mai l’impegno che serve per salire di livello e fare la differenza.



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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