Sabrina: la recensione della spumeggiante commedia di Billy Wilder

08 aprile 2020
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Uno dei film più celebri del grande regista e la sua prima grande commedia di successo, riscritta continuamente sul set, è un capoiavoro di grazia, romanticismo e comicità.

Sabrina: la recensione della spumeggiante commedia di Billy Wilder

Nel 1953 Billy Wilder, fresco del successo di tre film straordinari come Viale del tramonto, L'asso nella manica e Stalag 17, che gli fruttano nell'insieme 4 candidature all'Oscar e una vittoria per la sceneggiatura del primo, sceglie dopo l'ultimo dei tre un'altra pièce teatrale, Sabrina Fair, di Samuel L. Taylor, storia di una sorta di Cenerentola moderna, incentrata sulla figlia dell'autista di una famiglia di ricchi capitalisti, che, tornata trasformata in donna di classe dopo due anni a Parigi, fa innamorare i due fratelli ed eredi dell'azienda. Sabrina sarà la prima di molte commedie di successo del grande regista. Per la protagonista femminile non ci sono dubbi, non può che essere Audrey Hepburn, la giovane attrice europea premio Oscar l'anno precedente per Vacanze romane, suo primo film da protagonista. Al suo fianco Wilder richiama nel ruolo del fratello più giovane, David, il fido William Holden, che grazie a lui ha vinto la statuetta per Stalag 17, e per il fratello maggiore Linus vorrebbe, per l'ennesima volta, Cary Grant, che lo ama, lo stima, ma, per motivi che il regista non rivela nemmeno a Cameron Crowe nel suo fondamentale “Conversazioni con Billy Wilder”, non ce la fa proprio a lavorare con lui, tanto che anche stavolta lascia poco prima dell'inizio delle riprese. La parte viene così offerta ad Humphrey Bogart, il cui ruolo più “romantico” finora è stato quello di Rick in Casablanca e che il pubblico associa principalmente ai suoi personaggi di gangster o di cinici detective. Bogey purtroppo ha ancora pochi anni di vita: morirà nel 1956, due anni dopo la trionfale uscita di Sabrina, a soli 57 anni.

Durante le riprese, come racconta sempre Wilder, perplesso per il ruolo e al tempo stesso offeso per non esser stato la prima scelta, Bogart fa vedere i sorci verdi al regista, ma gli chiederà scusa in un commovente ultimo incontro l'anno successivo. È un miracolo di intelligenza e umorismo questo film che Wilder riscrive letteralmente sul set giorno dopo giorno, assieme all'autore del testo originale, tanto che arriva al punto, una volta che si trova in difficoltà, da chiedere ad Audrey Hepburn la complicità di fingere un malore che gli permetta di guadagnare tempo per scrivere il resto. Gran parte della magia la fa proprio la protagonista, elegante e leggiadra sia come ragazzina scalza e scarmigliata che negli stupendi abiti di Givenchy, con cui inizia una collaborazione che durerà tutta la vita (anche se l'Oscar lo vincerà Edith Head che crea gli abiti più semplici). Con lei arriva un nuovo tipo di diva, magrissima ed elegante anche con le ballerine. Nel film incarna alla perfezione il personaggio della ragazza ostinatamente innamorata del bel David, capace di portare alla luce il cuore che il fratello più anziano, non bello e tutto d'un pezzo, sembrava non aver mai posseduto. È un piccolo e delizioso mago di Oz questa ragazza, mai leziosa e finta, adorabile quando parla francese (Audrey Hepburn era poliglotta) e quando con gli occhi pieni di stelline si arrampica sull'albero e sogna di ballare con David al ritmo di “Isn't It Romantic?”.

Gli attori che Wilder sceglie sono sempre perfetti per la parte, non solo i protagonisti ma anche i vari caratteristi che li circondano: qua la palma va ai due padri, il capofamiglia dei Larrabee, costretto a nascondersi negli armadi per fumare e bere in santa pace (e la sua lotta con l'oliva è forse una delle scene più spassose della storia del cinema), interpretato dal grande attore teatrale Walter Hampden, e il saggio padre autista di Sabrina, per il quale la vita è come un'auto in cui c'è chi sta davanti, chi sta dietro e nel mezzo c'è un vetro, che ha il volto dell'angloamericano John Williams, scelto da Hitchock lo stesso anno come ispettore Hubbard in Il delitto perfetto. Ma nessun personaggio è lasciato al caso o tirato via, per quante poche battute possa avere, dalla servitù alla madre dei Larrabee, dalla segretaria di Linus alla fidanzata di David, fino ai membri del consiglio d'amministrazione. Perché Billy Wilder sa che i primi violini e i solisti devono essere supportati da orchestrali capaci di suonare perfettamente all'unisono. La versione doppiata omette i riferimenti più specifici dell'originale: spariscono così le ben due volte in cui viene citata la commedia che Sabrina e Linus vanno a vedere a teatro, ovvero “Quando la moglie è in vacanza”, che sarà il film successivo di Wilder. Ma il resto, incluse le canzoni, dalla sentimentale e meravigliosa “La vie en rose” alla divertente (e vecchia, come Linus) “Yes! We Have No Bananas”, fortunatamente resta tale e quale, con qualche piccola libertà nei dialoghi.

Oltre all'aspetto romantico c'è anche quello della satira sociale: i Larrabee sono una vera e propria famiglia reale del capitalismo, hanno fatto fortuna grazie a una plastica indistruttibile (i cui ripetuti collaudi sono esilaranti) e non ci pensano nemmeno ad ammettere una ragazza bella e brava come Sabrina in famiglia, perché ci sono distanze invalicabili nel mondo e ognuno deve stare al posto suo. E per questo David – di cui hanno tollerato ben tre matrimoni fallimentari, la cui descrizione è un altro dei momenti comici più alti del film – deve sposare l'erede di una famiglia che garantirà con la fusione di due industrie un'ulteriore espansione al loro capitale. Alla fine, per fortuna, i ruoli si invertono e l'amore trionfa, grazie anche ai privilegi che vengono col denaro, come quello di possedere una chiatta in grado di raggiungere una nave appena salpata per l'Europa.  Sabrina è un feel good movie eterno, una di quelle commedie che si vedono e si rivedono ridendo sempre come la prima volta, uno dei tanti capolavori di quel maestro incomparabile del cinema che è stato Billy Wilder. Non solo, è anche  il film più lubitschiano del regista. Siamo certi che il maestro da lui amato, con cui aveva iniziato la propria carriera come sceneggiatore, che all'epoca era già morto prematuramente da qualche anno, sarebbe stato fiero di ritrovare il suo tocco brillante, elegante e irresistibile in questa commedia senza tempo.



  • Saggista traduttrice e critico cinematografico
  • Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità
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