Royal Affair - la recensione del film storico con Mads Mikkelsen
Un dramma storico di grande fascino e attualità
E' sempre più raro che il cinema riesca a trasportare lo spettatore contemporaneo in un'altra epoca, quella di un paese che non conosce, senza che la cornice finisca per distrarlo dalla storia e rendergliela aliena. Non sono molti i film in costume capaci di rendere attuali vicende passate da secoli, grazie al ritratto di personaggi nella cui umana fragilità riusciamo a identificarci. Royal Affair è una felice eccezione alle decine di film pomposi, inutili e pesanti in cui dopo un quarto d'ora di visione ci accorgiamo di essere più concentrati sull'estetica di scene e costumi che sul senso della narrazione.
Il modello del regista danese Nikolaj Arcel è, come lui stesso dichiara, Via col vento - dove il cuore del racconto stava in personaggi imperfetti che vivevano i propri contraddittori sentimenti sullo sfondo di una grande tragedia. E i personaggi di Royal Affair sono umanissimi, lacerati tra il desiderio di avere tutto, nel pubblico e nel privato, e l'impossibilità di realizzare i loro sogni nel periodo storico sbagliato. L'incontro tra una giovane regina malmaritata a un re ragazzino irresponsabile e un po' folle, e il medico di corte illuminista, che riesce a installare nel giovane uomo il senso di responsabilità del suo ruolo pubblico, brucia le vite di tutti come una grande fiammata, ma è destinato a essere spento dalla ragion di stato. Passi il tradimento, ma quello che non si perdona è il libero pensiero, il tentativo di cambiare in meglio un Paese, di renderlo più vivibile e giusto per tutti, di toccare i privilegi della Chiesa e dei grandi proprietari terrieri. Di lì a poco la Rivoluzione Francese divamperà in tutta Europa, ma la Danimarca è stata il precursore delle prime riforme democratiche (libertà di stampa e di satira, vaccinazione anti vaiolo per tutto il popolo ecc.), il primo paese a mettere in pratica i principi di Voltaire e di Rousseau.
Raccontare una storia del genere, con l'affascinante ma ingombrante background dei sontuosi vestiti e palazzi del Settecento da un lato e la città sporca, disperata e misera dall'altro, senza perdere per strada qualche pezzo o cadere nella retorica, non era facile. Eppure, complici una sceneggiatura di ferro e i suoi bravissimi attori, tutti straordinari - la bella Alicia Vikander e Mads Mikkelsen sprigionano una grande alchimia nonostante la differenza d'età, ma la vera rivelazione è Mikkel Boe Folsgaard nel ruolo del re -, Arcel riesce nell'intento di restituirci un sogno che guida ancora adesso molti uomini nel mondo e a mostrarci il dolore, i sacrifici e le frustrazioni che sono costretti ad affrontare.
Il carismatico medico tedesco Johann Struensee non è privo di difetti: il potere che detiene a causa della sua influenza sul re rischia di corromperlo e il tradimento ai danni di un uomo innocente come un bambino, che ha cieca fiducia in loro, rende moralmente colpevoli gli amanti. Ma quando la reazione trionfa, con la sua assoluta e amorale mancanza di scrupoli mascherata da Provvidenza, tutti soffriranno.
Sono molte le immagini, i momenti e i dialoghi che si imprimono nella memoria dello spettatore e risuonano a lungo nella sua coscienza. Davvero un bel risultato per il film di un regista quarantenne, che invece di fare un santino calligrafico di un episodio fondamentale nella storia del suo paese, riesce a infondergli tutta la sua passione umana e civile.
- Saggista traduttrice e critico cinematografico
- Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità