Ron - Un amico fuori programma, la recensione del cartoon su un robot molto poco "social"
Ron - Un amico fuori programma è un intelligente film di animazione che parla di rapporti interpersonali nell'era dei social, col filtro dello humor e della satira. La nostra recensione.
Ben 100 milioni di B-Bots sono stati venduti a ragazzini di tutto il mondo: importando gusti e amicizie del loro proprietario nel database, ne diventano istantaneamente il "migliore amico", connettendolo a tutto il resto della rete di B-Bots. Un fenomeno di costume, un business costituito da questa sottospecie di smartphone robotico. Barney è però tagliato fuori: introverso e solo, orfano di madre, cresciuto dalla nonna e dal babbo squattrinato, potrebbe solo sognarlo, almeno finché il papà non trova un B-Bot danneggiato a prezzo vantaggioso. Ma "Ron" è davvero difettoso?
Scritto dagli autori di Il figlio di Babbo Natale, Peter Baynham e Sarah Smith, codiretto da quest'ultima con Jean-Philippe Vine, Ron - Un amico fuori programma è un film di animazione inglese in CGI, proposto dalla Disney con l'etichetta della divisione 20th Century Studios. Posto che, a dispetto della distribuzione Disney, non si tratta di un film a cura dei Walt Disney Animation Studios o della Pixar, il lavoro della Locksmith Animation non sfigura in famiglia: coniuga in modo piuttosto disinvolto divertimento e messaggio contemporaneo, studiato con attenzione, anche se esteticamente le competenti animazioni della DNEG (ex-Double Negative, la più famosa ditta di effetti visivi britannica) non sono all'altezza della ricercatezza di un film analogo come I Mitchell contro le macchine.
Ron è un film che ha parecchio da comunicare, attraverso i due canali della satira e della fiaba. La sceneggiatura satirizza il mondo delle grandi corporation stile Facebook con una certa intelligenza, attaccando il modo in cui la tecnologia può compromettere le più naturali tendenze alla socializzazione umana, che un algoritmo ha difficoltà a comprendere. Quello di Ron è un mondo in cui due ragazzine non fanno amicizia, perché i loro B-Bot non riscontrano punti di contatto negli interessi dei rispettivi profili social, perciò sconsigliano loro ogni legame. Sullo schermo la scena ci rassicura come una veloce gag, ma solo perché i nostri smartphone non assomigliano (ancora per poco) ai B-Bot. Gli algoritmi dei colossi social attuali di fatto funzionano così: la casualità è un male da sradicare, in nome di una rete di gusti registrata ossessivamente da un sistema che all'amicizia in sé non è interessato, ma commercia in preferenze utilizzando gli utenti come merce. Una situazione fotografata bene dallo scontro tra l'inventore del B-Bot in buona fede e il supercinico CEO della Bubble Company: nel film non si demonizzano tanto i sogni dei visionari, quanto la loro facile deriva nello sfruttamento del prossimo.
La metafora non potrebbe essere più chiara: il B-Bot difettoso Ron rimane un monumento alla tecnologia, ma la sua visione sul mondo già alternativa diventa preziosa perché per un problema tecnico è sconnesso dalla rete. Ron è un personaggio molto riuscito, perché diventa un paradossale algoritmo di match-making che però è costretto a operare analogicamente, nel mondo reale! Cerca letteralmente in giro gli amici per Barney, visto che la sua missione rimarrebbe quella, sbloccando le fisime molto umane del ragazzino. Quanto più Ron ha reazioni naturali affini all'empatìa e alla passione di un essere umano (all'occorrenza anche manesco), tanto più risulta "fallato". L'aspetto fiabesco è questo, il classico incontro tra diversi come Ron e Barney: utopisticamente e senza volerlo, incarnano il futuro ideale di una società che farebbe bene a porsi urgentissime domande sull'uso della tecnologia pervasiva, visto che evidentemente non può più farne a meno.
Attenti inoltre a una sottigliezza: si suggerisce che l'allontanamento nell'adolescenza tra ex-amici d'infanzia, un processo che è sempre stato naturale, al giorno d'oggi possa essere accelerato o forzato dai modelli che si diffondono nei social. Questo concetto è veicolato bene nel copione, che trasforma un paio di apparenti macchiette in personaggi reali nella seconda metà del racconto. Scoprire cosa significhi "amicizia" non passerà mai di moda, è solo diventato oggi assai più complicato. Il cinema prova a dare una mano.
- Giornalista specializzato in audiovisivi
- Autore di "La stirpe di Topolino"