Rodin: recensione del film biografico sullo scultore francese in concorso al Festival di Cannes 2017

24 maggio 2017
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Un film illustrativo e celebrativo, ma senz'anima, passione o conflitti reali da raccontare.

Rodin: recensione del film biografico sullo scultore francese in concorso al Festival di Cannes 2017

Non è che nessuno vieti di fare film biografici, né che ci sia qualcosa di intrinsecamente sbagliato nel voler raccontare al cinema la figura di Auguste Rodin, il grande artista francese considerato il padre della scultura moderna.
Però forse servirebbe qualcosa di più, in un film, del resoconto cronachistico della vita dello scultore dal 1880, quando gli fu commissionata "La Porta dell'inferno", fino a ai primissimi anni del Novecento.

Sì, certo, all'interno di quell'arco temporale Jacques Doillon racconta della vita sentimentale dello sculture, diviso tra la passione per Camille Claudel (ma non solo) e l'affetto per Rose Beuret; descrive la fine del rapporto con la prima, sua ex allieva che soffriva per non essere mai riuscita a uscire dall'ombra del maestro; illustra "l'inflessibilità nella creazione" di Rodin, la sua ossessione per la verità artistica, attraverso il lungo e controverso lavoro svolto per il monumento a Balzac che gli venne commissionato nel 1891.
Ma si tratta appunto di una biografia selezionata e illustrata, utile a scopi di presentazione, ma che come film è vecchio, privo di reali conflitti che rendano appassionante la vicenda.

Rodin si articola pigramente, inanella scene (la maggior parte delle quali quasi teatrali, dove al centro della scena, illuminato campeggia un Vincent Lindon barbuto e brontolante, impegnato nel lavoro, a modellare la creta, a ritratte modelle nude che non hanno nulla del canone femminile di quegli anni, tutte magrissime e depilatissime) che sono funzionali a far emergere questo o quell'altro avvenimento.
E le poche sortite all'esterno dello studio dello scultore servono alla conuseta carrellata di personaggi dell'epoca: gli incontri con Cézanne e Monet, con Rilke.

Ma il vero problema è che quello di Doillon è un film freddo e senz'anima, non solo perché il ritratto che offre di Rodin è chiaramente celebrativo e privo di una qualsiasi prospettiva critica sui controversi aspetti umani dello scultore.
Il problema vero è che il Rodin del regista francese è un film che non ha nulla della passione e dell'intransigenza artistica del suo soggetto, della forza testarda e rivoluzionaria della sua opera: è l'equivalente filmico di quel "Corot minore" che lo sculture diceva sarebbe diventato se, invece di scolpire, avesse continuato a dipingere. 



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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