Rio - la recensione del film

11 aprile 2011
4 di 5

Rio è la seconda creazione animata in 3D realizzata con i Blue Sky Studios da Carlos Saldanha - regista della fortunata trilogia dell’Era glaciale - dopo il passaggio del suo produttore, Chris Meledandri, dalla Fox alla Universal.

Rio - la recensione del film

Rio - la recensione

Blu è un pappagallo ara macao molto raro, l’unico maschio rimasto della sua specie. Quando ancora non sapeva volare, è stato rapito nelle calde e colorate foreste del Brasile, e portato di contrabbando negli Stati Uniti, finendo per un incidente di percorso nel gelido Minnesota. Ad allevarlo è stata Linda, una giovane e timida libraia, che ne ha fatto il suo animale domestico. Fino al giorno in cui Tullio, un eccentrico ornitologo brasiliano, arriva per comunicare che esiste, a Rio de Janeiro, una femmina della stessa specie, Gioiel, e convince Linda a seguirlo con Blu, per cercare di fare accoppiare i due pappagalli.
E’ così che si imbarcano in un viaggio pieno di complicazioni. In una Rio immersa nei preparativi per il Carnevale e distratta dalla sfida calcistica con gli eterni rivali argentini, Blu e Gioiel vengono catturati da una banda di contrabbandieri di uccelli esotici, ma riescono a fuggire, legati da una catena, aiutati da un gruppo di simpatici animali. E l’amore, prima o poi, arriva.

Rio è la seconda creazione animata in 3D realizzata con i Blue Sky Studios da Carlos Saldanha - regista della fortunata trilogia dell’Era glaciale - dopo il passaggio del suo produttore, Chris Meledandri, dalla Fox alla Universal.
E se quest’ultimo attacca col divertente mix di live action e animazione Hop, Saldanha risponde con un altro titolo composto di sole tre lettere, che è anche un palese e sentito omaggio alla sua città natale, Rio de Janeiro, e alla cultura brasiliana. Deve essere stata una autentica gioia per lui, poter passare dalle lande gelate e candide in cui si muovono gli eroi dell’Era glaciale, alla ricchezza di colori, textures, ritmi e vibrazioni del paese sudamericano e delle sue creature. E il risultato lo premia.

Rio è infatti un film per bambini, con una storia semplice e sentimentale (ma non zuccherosa), racchiuso in una cornice visivamente mozzafiato.
A parte i due protagonisti, anche i personaggi di contorno sono ben caratterizzati: dal tucano saggio e prolifico al duo canarino/cardinale, dal cattivissimo cacatua australiano (nota di merito al doppiatore italiano, il cantante Mario Biondi) al bavosissimo bulldog. Forse gli umani risultano a volte un po’ caricaturali (anche se finiscono per assomigliare ai loro animali, come cani e padroni in La carica dei 101), ma quello che convince e vince su tutto è l’ambientazione: colorata, dettagliata, piena di ritmo, vivacità e movimento. Due sequenze spiccano su tutte: il risveglio degli uccelli della foresta all’inizio, in cui varie specie di uccelli danno vita a due minuti di ritmate, variopinte e travolgenti coreografie da musical, e la parata del carnevale di Rio.

E’ lì che i nostri piccoli personaggi si muovono tra le gambe dei ballerini e i grandi carri, e gli sfondi – fateci caso – sono tutti in movimento. Un’impresa impensabile fino a poco tempo fa per il cinema d’animazione digitale. E’ proprio la grande energia cinetica del film che ci conquista: Rio è un road movie che ci fa volare con gli uccelli e i deltaplanisti attorno alla statua del Cristo Redentore che domina la baia dal monte Corcovado, ci fa atterrare bruscamente sulle affollate spiagge di Copacabana e Ipanema, popolate di bellezze dai sederi elastici (una delle gag più carine del film) e ci porta verso l’alto a bordo dei vecchi tram elettrici. Non mancano nemmeno le favelas, o comunque un loro equivalente a cartoni: è lì che operano i tre cattivi umani della storia, ed è lì che vive, senza padre né madre, il piccolo menino de rua che è uno dei protagonisti della vicenda.
Raramente, in un film di animazione, una città ci è parsa tanto viva, senza cadere nello stereotipo.

Se a tutto questo aggiungiamo - come dicevamo prima - il messaggio semplice, una narrazione che non va in cerca di riferimenti troppo adulti (a parte l’amabile sfottò di Lionel Ritchie), l’utilizzo sensato e fluido del 3D e le splendide musiche di Jorge Ben e di altri grandi musicisti brasiliani, non possiamo che considerare vinta la scommessa di Carlos Saldanha e dei suoi autori.



  • Saggista traduttrice e critico cinematografico
  • Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità
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