Rango - la recensione del film
Dopo il successo planetario al botteghino della trilogia dedicata al capitano Jack Sparrow e ai Pirati dei Caraibi, Gore Verbinski conferma la sua versatilità di cineasta realizzando un film d’animazione che punta tutto – e vince - sulla fattura della confezione, senza il bisogno di una tecnica ormai abusata come il 3D. Un western clas...
Rango - la recensione
“Fin dall’inizio ho visto l’animazione semplicemente come un mezzo per realizzare la mia idea, in principio non doveva neppure essere un film realizzato al computer.” ha dichiarato Gore Verbinski parlando di questa sua ultima fatica, Rango. E infatti si tratta prima di tutto di un western, ideato per rientrare specificamente in questo genere.
Grazie anche a un direttore della fotografia competente come Roger Deakins, assunto per l’occasione come consulente visivo all’operazione, Rango riesce a sfruttare l’accuratezza della definizione meticolosa degli scenari e dei setting più propri del western per costruire tagli di inquadratura e di luce di enorme fattura estetica.
La bellezza delle immagini è senza dubbio il pregio maggiore di questo film bizzarro, vagamente surreale, capace di improvvisi cambi di ritmo senza perdere però coesione nel tono e nella narrazione.
La sceneggiatura firmata da John Logan riesce a mescolare l’evidente vena cinefila con un’ossatura narrativa comunque precisa e funzionale, che parte dall’assunto iniziale di Chinatown di Roman Polanski e lo trasforma nel soggetto perfetto per una classica storia ambientata nel Deserto del Mojave: il confuso e pavido camaleonte protagonista, attore senza identità e senza fisionomia (affascinante la presentazione beckettiana del personaggio) viene scambiato suo malgrado per lo straniero senza paura che riporterà l’acqua nel villaggio assetato e sconfiggerà i banditi che terrorizzano i suoi poveri animaletti/abitanti.
Attraverso questo spunto piuttosto classico Rango arriva a rivisitare tutti i luoghi comuni appartenenti alle varie epoche che il western ha vissuto: dal periodo classico di John Ford e Howard Hawks allo “spaghetti western” di Sergio Leone; dal periodo revisionista di Sam Peckinpah al nichilismo contemporaneo di Clint Eastwood e Kevin Costner (quello di Terra di confine, non di Balla coi lupi). Il tutto è mescolato con brio, intelligenza, trovate comiche azzeccate e una sana vena cinica che rende il prodotto sicuramente più adatto al pubblico adulto di quanto non potrebbe esserlo per i più giovani.
Per chi avrà la possibilità di vedere Rango in lingua originale, scoprirà che un altro fondamentale valore aggiunto è il doppiaggio dei personaggi principali da parte di un gruppo di attori di razza: Johnny Depp presta la voce al piccolo rettile protagonista con una vitalità e un’ironia impareggiabili. In ruoli secondari possiamo poi apprezzare anche il lavoro portentoso di superbi caratteristi come Bill Nighy, Alfred Molina, Timothy Olyphant, oltre a due leggende viventi come Ned Beatty e Harry Dean Stanton.
- Critico cinematografico
- Corrispondente dagli Stati Uniti