Quo Vadis, Aida?: recensione della drammatica rievocazione della strage di Srebrenica in concorso al Festival di Venezia 2020
La bosniaca Jasmila Zbanic racconta la strage di Srebrenica, in piena guerra di Bosnia negli anni '90, in cui morirono oltre 8700 civili, nel dramma Quo vadis, Aida? presentato in concorso a Venezia 77.
Una delle pagine più vergognose della storia delle Nazioni Unite, e soprattutto dell’occidente. Molto semplicemente. Difficile definire diversamente la strage di Srebrenica, in cui l’11 luglio del 1995, dopo più di tre anni di guerra in Bosnia, l’esercito serbo-bosniaco massacrò più di 8700 uomini bosniaci, dopo averli divisi dalle donne e dai bambini, con la passiva complicità de facto delle forze ONU incaricate di sorvegliare la situazione di una città dichiarata dall’ONU zona sicura. Furono protagonisti i frugali caschi blu olandesi, per l’esattezza, che li tenevano sotto protezione e finirono poi invece per consegnarli alle truppe del tristemente noto criminale di guerra Ratko Mladic.
A quelle vittime, ma in particolare alle donne che rimasero a piangerle, è dedicato Quo vadis, Aida?, un film nato come forte testimonianza per una memoria sempre vigile da parte della regista di Sarajevo Jasmila Zbanic, che all’epoca aveva vent’anni e ha raccontato con il suo film d’esordio, Il segreto di Esma, vincitore dell’Orso d’oro, la storia di una madre e una figlia colpite ancora a distanza di un decennio dalla guerra in Bosnia. Per la prima volta, invece, la Zbanic lascia da parte storie sul dopoguerra, sulle conseguenze, decidendo di affrontare direttamente il conflitto chiave per la storia sua e di generazioni di connazionali.
La chiave femminile scelta per entrare narrativamente in una vicenda così terribile, alla luce del sole, è quella di Aida, traduttrice per le Nazioni Unite nella piccola cittadina di Srebrenica, in cui è stata per molti anni maestra di scuola, insegnando quindi a bambine e bambini serbi come musulmani o di ogni altra religione rappresentata in quella parte est dell'allora multietnica Bosnia. Quando i serbi conquistano Srebrenica, sono migliaia a cercare rifugio nel campo delle forze ONU impegnate a tener freno agli estremismi del conflitto. Aida, interpretata con toccante intensità da Jasna Duricic, ha accesso per il suo lavoro a materiali delicati utili alle negoziazioni con le parti in causa nel conflitto e fra le prime si rende conto cosa spetta alla sua famiglia, il marito e i due figli maschi, e in generale ai suoi concittadini. Una storia fra disperata ricerca della salvezza, sotto forma di inserimento in una dannata lista burocratica di personale ONU, e la morte.
La ricostruzione è ben scandita da un ritmo sempre più concitato, seminando elementi che alimentano la tensione, come ex allievi della maestra Aida che militano ormai nell’esercito serbo-bosniaco o la testarda adesione alle carte, a regolamenti, protocolli e burocrazia varia da parte dei caschi blu olandesi. Un cinema che si pone al servizio di una storia personale e collettiva talmente forte da non necessitare di esaltatori di sapidità. Una ferita ancora aperta, una pagina vergognosa per le istituzioni internazionali, verificatasi all’interno di una serie di conflitti particolarmente dolorosi, a pochi chilometri dalle nostre coste.
- critico e giornalista cinematografico
- intervistatore seriale non pentito